Corrado Augias sembra essersi autoeletto cantore della disperazione calabrese. L’operazione anti-‘ndrangheta “Basso profilo” ha offerto lo spunto al giornalista per esprimersi sulla Calabria con parole dure (come già aveva fatto lo scorso novembre in un articolo per La Repubblica). Stavolta, intervenendo su Rai 3 nella trasmissione “Quante storie”, Augias fustiga i costumi calabresi aggiungendo un tocco d’ineluttabilità e definendo la Calabria “terra perduta e irrecuperabile”. L’argomento è, come si diceva, l’indagine che ha fatto emergere gravi collusioni tra la politica e la criminalità, ma l’affermazione del giornalista non sfugge al conduttore Giorgio Zanchini, che fa notare al suo ospite la portata del suo giudizio (“è una frase tremenda”, commenta). Augias non perde di un grammo il suo aplomb rigoroso e risponde così: “E’ la mia opinione personale, dunque vale poco, vale quello che vale, è un sentimento, non un’affermazione politica. Io ho il sentimento che la Calabria sia irrecuperabile”. Ecco, sentimento: un termine inequivocabile, che descrive un personale stato d’animo, qui nei confronti di un territorio verso cui Augias non ha mai nascosto quello che sembra molto vicino a un misto tra pregiudizio e rifiuto. Poi il giornalista piemontese ripropone la sua analisi, quella sì politica, già presentata all’epoca della campagna elettorale regionale, quando Augias aveva dichiarato stima per Pippo Callipo, allora candidato contrapposto a Jole Santelli, che poi conquistò il voto. Di nuovo Corrado Augias ribadisce: “L’ho visto anche in occasione delle ultime elezioni, avevano un candidato ottimo, un imprenditore calabrese, forte, che resta lì nonostante i rischi che corre, che dà lavoro: lo hanno escluso, hanno eletto un’altra persona che sfortunatamente è mancata”. Questa scelta degli elettori calabresi sarebbe dunque la prova, quasi lo stigma, di una condizione di male irreversibile. Riferendosi all’operazione “Basso profilo”, Augias ha proseguito: “Le inchieste di Gratteri vanno seguite con attenzione. Gratteri è calabrese, un altro uomo che è voluto restare in Calabria, fa una vita d’infermo, vive con quattro carabinieri intorno, quando va a zappare il suo piccolo orto la domenica ha quattro carabinieri agli angoli con i mitra, una vita che nessuno vorrebbe fare…”. Un’osservazione simile era stata fatta dall’ex commissario straordinario alla sanità calabrese, Saverio Cotticelli, durante la sua confusa partecipazione a “Non è l’Arena” su La7, dove avrebbe dovuto spiegare i motivi della grave negligenza che lo aveva poi condotto alle dimissioni. Invece quell’intervista divenne uno show surreale tra ipotesi di dissociazione mentale, boicottaggio e, appunto, la descrizione di una vita monacale, paurosa e in perenne allarme, subìta dal pover’uomo nella sua permanenza in Calabria.
Pochi mesi fa Corrado Augias aveva suscitato indignazione per aver definito la Calabria, su La Repubblica, “anormale” e luogo in cui “la criminalità coincide spesso con la restante società e anche con le istituzioni”. Una tesi lombrosiana, razzista e ingiusta, per la quale erano state sollecitate da intellettuali e amministratori calabresi, scuse urgenti, invece mai arrivate dal giornalista. E oggi rincara persino la dose. Per lui la Calabria è senza speranza e da operatore dell’informazione blasonato e di lungo corso, a “Quante storie” sottolinea come al maxi processo Rinascita-Scott – uno degli esempi più fulgidi della contaminazione ‘ndranghetista del territorio – i media non stiano dando il risalto necessario. Che possa esserci anche altro di cui parlare evidentemente non gli interessa.
Isabella Marchiolo
Augias a “Quante storie” torna ad attaccare la Calabria: “Terra perduta e irrecuperabile”
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