Reggio Calabria – E’ un vero e proprio terremoto giudiziario quello che si è abbattuto sul principale vettore privato di trasporto via mare sullo Stretto di Messina.
Durerà sei mesi l’amministrazione giudiziaria della “Caronte & Tourist” disposta dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, degli aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto.
Il provvedimento è stato eseguito dalla Direzione investigativa antimafia.
Le indagini avrebbero fatto emergere, anche grazie alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società rispetto ad infiltrazioni della ‘ndrangheta, nonché l’agevolazione garantita dalla società in favore di soggetti ritenuti espressione della cosca Imerti-Condello.
Sempre su richiesta della Dda, infatti, il Tribunale ha disposto il sequestro di beni di Massimo Buda, figlio del boss Santo Buda, esponente apicale dell’omonima cosca federata agli Imerti-Condello.
Con l’operazione “Scilla e Cariddi” sarebbero emersi anche i rapporti tra la Caronte&Tourist e l’imprenditore Domenico Passalacqua già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel processo Meta.
Entrambi dipendenti del vettore marittimo, Domenico Passalacqua e Massimo Buda, secondo gli inquirenti, erano i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa.
In particolare si tratta di interessi economici legati alle imprese, riconducibili ai due soggetti, che si occupano di vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e quelle calabresi.
In sostanza Buda e Passalacqua avrebbero potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte & Tourist.
Le cosche avrebbero gestito anche l’assunzione di personale al quale era garantita la retribuzione anche durante la latitanza o la detenzione.
Da mero lavoratore nel piazzale, Massimo Buda sarebbe stato la “longa manus” di suo padre Santo condannato a 14 anni e 8 mesi di carcere nel processo “Sansone” che si è concluso da poco in Appello. Per questo ha avuto una brillante progressione in carriera e a lui era affidato il compito di gestire le nuove assunzioni e la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori.
Con il provvedimento di amministrazione giudiziaria, la Dda ha inteso bonificare e impermeabilizzare la struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose.
La compagnia di navigazione oltre a valere 500 milioni di euro, ha un capitale sociale di 2.374.310 euro e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni.
A Massimo Buda, infine, sono stati sequestrati beni per circa 800mila euro.
Oltre a diverse disponibilità finanziarie, la Dia ha applicato i sigilli a due ditte individuali, 5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile, 2 appartamenti e un garage a Villa San Giovanni, un appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone in provincia di Milano.
Operazione “Scilla e Cariddi”, gli affari degli Imerti-Condello sui traghetti della “Caronte”
ULTIME NOTIZIE
Ue, von der Leyen: “Lavorerò sempre dal centro, è tempo di...
(Adnkronos) - "Come ho fatto nel mio primo mandato, lavorerò sempre dal centro....