Parole crude e al limite del macabro, che riportano alla luce quello che per anni è stato cavallo di battaglia dei detrattori del Ponte sullo Stretto e oggi è diventato tabù. A pronunciarle rispolverando il rischio terremoti, lugubre scheletro nell’armadio della grande opera, è stato il geologo Mario Tozzi, autore di uno scioccante tweet: “Costruire il ponte sullo Stretto antisismico con denaro pubblico significa scegliere di unire due cimiteri in caso di terremoto, visto che solo il 25% della popolazione di Reggio Calabria e Messina risiede in case adeguate. E non è questione di se, ma di quando”.
Una riflessione che non nasconde l’intento di essere profetica ed ha suscitato reazioni scomposte tra i follower del divulgatore scientifico, bersagliato da accuse di “antimeridionalismo” oltre che di portare sfiga. Purtroppo, però, qui non siamo tra le pagine della “Patente” di Pirandello e Tozzi, lungi dall’essere un novello Chiarchiaro, riporta alla realtà dei pasionari del Ponte uno scenario oggettivo e inconfutabile. Nè si cura di apparire menagramo in un ulteriore tweet, dove aggiunge: “Le grandi opere le progettano e realizzano architetto e ingegneri (seri). Ma le collocano i geologi (seri) altrimenti l’opera è perfetta ma il posto è sbagliato. come la diga del Vajont”. Nuova ondata di shitshorming. Molti follower liquidano l’asserzione come “scemenza” citando i ponti costruiti in Giappone e sulla faglia di Sant’Andrea – siti altrettanto sismici dello Stretto. Tozzi però non si scompone e spiega: “Le case lì sono adeguate, questa è la differenza”. E a chi suggerisce di “iniziare” con il cantiere e poi si vedrà, risponde “è meglio non iniziare, si fidi”. Qualche catastrofista replica sul filo della provocazione commentando che “succederà anche senza ponte” ed evocando il Big One di Reggio e Messina, la tragedia del 1908 che potrebbe ripetersi distruggendo nuovamente le due città. La risposta del geologo è tranchant: “Mettiamo i soldi del ponte nella ristrutturazione delle case, perché le vite vengono prima. Visto che i soldi per entrambe le cose non ci sono”.
Mario Tozzi precisa che lo storico progetto del Ponte (parliamo di una struttura a campata unica) è tecnicamente fattibile ma “inopportuno”, perché ignora le condizioni della maggior parte degli edifici di Reggio e Messina, che con urgenza richiedono un adeguamento antisismico non desueto. Un contesto che qualifica quest’opera come “diseducativa, inutile e potenzialmente dannosa”. Il suo parere sul Ponte il saggista lo illustra con completezza su Facebook, in un lungo post: “La vera domanda non è se il ponte sia realizzabile, ma se le infrastrutture debbono guidare lo sviluppo, come dopo una guerra, o assecondarlo, come vorrebbe la logica della transizione energetica”. Tozzi ricorda come l’unico progetto gemello di ponte a campata è quello giapponese di Akashi, ma il nostro “sarà lungo il doppio e ancora non si comprende bene utilizzando quali materiali”. Anche lì il territorio è altamente sismico tanto che, dopo il terremoto del 1995 a Kobe, il ponte di Akashi fu spostato e parzialmente riprogettato. Le previsioni per lo stretto di Reggio e Messina, secondo Mario Tozzi, “devono essere commisurate almeno a magnitudo 7,5 Richter, non potendo escludere terremoti più potenti”.