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mercoledì, 27 Novembre, 2024
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Mario Tozzi choc sul rischio sismico e lo sfregio dello Stretto

Parole crude e al limite del macabro, che riportano alla luce quello che per anni è stato cavallo di battaglia dei detrattori del Ponte sullo Stretto e oggi è diventato tabù. A pronunciarle rispolverando il rischio terremoti, lugubre scheletro nell’armadio della grande opera, è stato il geologo Mario Tozzi, autore di uno scioccante tweet: “Costruire il ponte sullo Stretto antisismico con denaro pubblico significa scegliere di unire due cimiteri in caso di terremoto, visto che solo il 25% della popolazione di Reggio Calabria e Messina risiede in case adeguate. E non è questione di se, ma di quando”.

Una riflessione che non nasconde l’intento di essere profetica ed ha suscitato reazioni scomposte tra i follower del divulgatore scientifico, bersagliato da accuse di “antimeridionalismo” oltre che di portare sfiga. Purtroppo, però, qui non siamo tra le pagine della “Patente” di Pirandello e Tozzi, lungi dall’essere un novello Chiarchiaro, riporta alla realtà dei pasionari del Ponte uno scenario oggettivo e inconfutabile. Nè si cura di apparire menagramo in un ulteriore tweet, dove aggiunge: “Le grandi opere le progettano e realizzano architetto e ingegneri (seri). Ma le collocano i geologi (seri) altrimenti l’opera è perfetta ma il posto è sbagliato. come la diga del Vajont”. Nuova ondata di shitshorming. Molti follower liquidano l’asserzione come “scemenza” citando i ponti costruiti in Giappone e sulla faglia di Sant’Andrea – siti altrettanto sismici dello Stretto. Tozzi però non si scompone e spiega: “Le case lì sono adeguate, questa è la differenza”. E a chi suggerisce di “iniziare” con il cantiere e poi si vedrà, risponde “è meglio non iniziare, si fidi”. Qualche catastrofista replica sul filo della provocazione commentando che “succederà anche senza ponte” ed evocando il Big One di Reggio e Messina, la tragedia del 1908 che potrebbe ripetersi distruggendo nuovamente le due città. La risposta del geologo è tranchant: “Mettiamo i soldi del ponte nella ristrutturazione delle case, perché le vite vengono prima. Visto che i soldi per entrambe le cose non ci sono”.

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Mario Tozzi precisa che lo storico progetto del Ponte (parliamo di una struttura a campata unica) è tecnicamente fattibile ma “inopportuno”, perché ignora le condizioni della maggior parte degli edifici di Reggio e Messina, che con urgenza richiedono un adeguamento antisismico non desueto. Un contesto che qualifica quest’opera come “diseducativa, inutile e potenzialmente dannosa”. Il suo parere sul Ponte il saggista lo illustra con completezza su Facebook, in un lungo post: “La vera domanda non è se il ponte sia realizzabile, ma se le infrastrutture debbono guidare lo sviluppo, come dopo una guerra, o assecondarlo, come vorrebbe la logica della transizione energetica”. Tozzi ricorda come l’unico progetto gemello di ponte a campata è quello giapponese di Akashi, ma il nostro “sarà lungo il doppio e ancora non si comprende bene utilizzando quali materiali”. Anche lì il territorio è altamente sismico tanto che, dopo il terremoto del 1995 a Kobe, il ponte di Akashi fu spostato e parzialmente riprogettato. Le previsioni per lo stretto di Reggio e Messina, secondo Mario Tozzi, “devono essere commisurate almeno a magnitudo 7,5 Richter, non potendo escludere terremoti più potenti”.

Ma il problema non è realizzare un’opera robusta che reggerà anche dopo un supersisma, ma l’etica dell’intervento a fronte dello stato delle costruzioni delle due città, definite appunto potenziali “cimiteri” (un altro 1908 ci sarà, assicura il geologo, anche se non sappiamo quando). Altro fattore di rischio sono le frane, ad esempio quelle di Giampilieri, in provincia di Messina: “Ha senso – si chiede Tozzi – sclerotizzare quel ben noto sfasciume pendulo sul mare con un oggetto rigido di 166.000 tonnellate che, oltretutto, comporterebbe movimenti di terra colossali, apertura di cave, prelievi di inerti, livellamento di colline, opere di cemento armato al contorno, cioè esattamente tutto quello che non dovresti fare nell’Italia record europeo di frane (620.000 su 750.000 nel continente intero)?”
    Tozzi confuta pure le ricadute di sviluppo del ponte ribattezzato da Spirlì e Musumeci “porta d’Europa”. Ai viaggiatori, per esempio, servirà poco: “Gli imbocchi saranno a Cannitello e a Ganzirri, così che, chi prima ci metteva 30 minuti, domani ci metterà il doppio, dovendo prendere un’auto che prima non usava, uscire dalla sua città, attraversare e rientrare poi nell’altra, cercando pure parcheggio. Il ponte finirebbe per aumentare il traffico su gomma. E se ci fosse pure la ferrovia andrebbe anche peggio, visto che i treni non possono superare pendenze appena pronunciate, cosa che comporterebbe avere imbocchi ancora più lontani”. Tra le considerazioni avverse ci sono poi i pedaggi costosi nel rispetto delle leggi europee di finanziamento e il fake delle proiezioni di aumento degli attraversamenti che passerebbe dagli attuali 10.000 veicoli al giorno a 100.000 in base a calcoli misteriosi, “visto che solo un pazzo scenderebbe da Berlino a Palermo in auto e non con gli aerei low cost o con le auto caricate in nave”.
    Tozzi conclude con un tema che, nella corale spinta bipartisan pro Ponte, tutti sembrano aver dimenticato, lo “sfregio al paesaggio meraviglioso dello Stretto, al mito di Scilla e Cariddi, al parco letterario, alla natura”. Quest’opera è “una follia priva di senso geologico, naturalistico e culturale, una delirio onanistico di una setta di tecnocrati incapaci di convivere armonicamente col mondo che ci circonda”. Invece, con una piccola parte dell’investimento necessario si potrebbe intervenire “in maniera ecologicamente sostenibile” sul traffico marittimo e gli scali. Nei commenti, calabresi e siciliani ringraziano, quasi commossi (quindi la storia non era che il ponte lo vuole soprattutto la gente?)
“Come facciamo – è il monito finale di Mario Tozzi – a essere così arroganti da imporre a figli e nipoti un’opera che potrebbero rifiutare?”
Un interrogativo morale forte, finalmente combattivo, che andrebbe girato principalmente a quella sinistra ambientalista che ha smesso di alzare la propria voce in direzione ostinata e contraria ai supporter del Ponte.
Isabella Marchiolo

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