“Le mafie stanno ragionando su come appropriarsi di parte di fondi del Pnrr. E’ un problema vero e reale”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso di un incontro tenuto a Reggio Calabria in cui è stato presentato l’ultimo libro “Complici e colpevoli” scritto assieme ad Antonio Nicaso. In particolare, il magistrato si è soffermato sulla “normalizzazione della criminalità organizzata”. “Le mafie non uccidono più, – ha sostenuto Gratteri – non rubano le macchine e non sparano alle serrande dei negozi. Lo fanno solo quando è assolutamente necessario perchè hanno la possibilità di corrompere. Oggi un funzionario o un impiegato, facilmente per duemila euro, mette la firma dove non dovrebbe metterla. Ora non si parla più di mafia. Sono mesi che non sento un rappresentante del governo o un parlamentare fare un discorso di 3 minuti e 20 secondi sulla presenza, sull’invasività e sul problema mafie. Il problema mafie non esiste. Nessuno ne ha mai parlato in questi mesi”.
“E’ un momento magico. – ha detto ancora il procuratore – E’ un momento in cui non accade nulla. E’ un momento in cui la ‘ndrangheta non si vede. Le mafie oggi fanno riciclaggio e vendono cocaina, non sparano. L’opinione pubblica pensa che non ci siano e non siano un problema. I giornali non ne parlano, i politici men che meno. I politici si muovono solo quando c’è un allarme sociale o quando i giornali più importanti scrivono a caratteri cubitali sulla prima pagina che c’è questo problema. E allora perchè parlarne? Perchè andare a preoccuparsi di come contrastare la ‘ndrangheta? La mafia non esiste. La normalizzazione non è casuale. Le mafie si sono inabissate”.
Secondo Gratteri, infatti, la ‘ndrangheta “sta ragionando, sta pensando a come potersi sedere al tavolo apparecchiato. Non esiste nel corso di un secolo e mezzo di storie che le mafie sono state a guardare e gli altri che mangiavano. Le mafie sono state presenti dove c’è da gestire denaro e potere. Sono state presenti in tutte le grandi calamità. Sono presenti anche oggi. Stanno ragionando su come appropriarsi di parte di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ un problema vero e reale”.
“Io non ho bisogno di visibilità. Le mie conferenze stampa servono a gratificare la polizia giudiziaria e a comunicare all’opinione pubblica. Voglio spiegare ai commercianti e agli imprenditori che siamo in grado di fare le operazioni antimafia. Voglio dire loro ‘denunciate, fidatevi di noi, siamo affidabili’. Questo è il senso delle mie conferenze stampa. Non altro”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri a Reggio in relazione alla legge “bavaglio” che regola la diffusione delle informazioni riguardanti i procedimenti penali e gli atti di indagine definita “un’involuzione democratica”. Il riferimento è alla norma, in vigore dal 14 dicembre, che di fatto “impone – ha precisato Gratteri – ai magistrati di non comunicare con i giornalisti in nome della presunzione di innocenza”.
“Molti dicono che questa riforma l’hanno fatta per me. Ma figuratevi se, per la riforma, possono pensare a un pubblico ministero di campagna”. Per il procuratore di Catanzaro non è vero che l’Italia si è adeguata alle direttive europee: “Quello che io non sopporto – ha detto ancora – sono innanzitutto le bugie. La seconda cosa che non sopporto è che quando si vogliono fare le cose, si mette sempre in mezzo l’Europa e ci dicono ‘ce lo chiede l’Europa’. Ma come: noi non facciamo parte dell’Europa?”.
Le cose sono andate diversamente secondo il magistrato calabrese: “Quando è stato fatto quel discorso a Bruxelles riguardava la Turchia, non l’Italia. Infatti era da anni che l’Italia non aveva ratificato quella direttiva europea. Allora sono queste le domande che voi vi dovete porre”. Gratteri è stato molto critico non solo nei confronti della politica ma anche dell’Ordine dei giornalisti e del sindacato di categoria. “Quando questa riforma è stata fatta e si discuteva, l’Ordine e il sindacato dei giornalisti – ha detto – hanno detto che erano impegnati in altre cose. Non sono andati in commissione a dire che non sono d’accordo perchè non poter far sapere all’opinione pubblica ciò che accade è un’involuzione democratica. Le professionalità ci sono. Io conosco tantissimi giornalisti seri, onesti e perbene. Ritengo, invece, che ci sia in generale una debolezza del giornalismo sul piano del potere contrattuale. Forse c’è meno indipendenza rispetto a prima anche se ci sono più modi di comunicare come il web. Spesso si viaggia in ordine sparso. Non si fa fronte comune”.