E’ falso che la terza dose del vaccino anti-Covid “nella fascia di età 12-39 anni induce una perdita di protezione rispetto a chi ha fatto solo due dosi”. Ed è falso che “il booster potrebbe addirittura mettere a rischio il sistema immunitario nei più giovani” perché “al momento non c’è nessuna prova che il booster influisca negativamente sulla risposta immunitaria”. “I test clinici e gli studi real world condotti negli altri paesi hanno evidenziato una maggiore protezione da parte della dose aggiuntiva in tutte le fasce di età”. Lo sottolinea l’Istituto superiore di sanità (Iss) in una nota pubblicata sul proprio sito.
Dagli ultimi report dell’Iss emerge “che il rischio di ricovero nella fascia 11-39 anni è molto simile, e talvolta leggermente maggiore, in chi ha fatto il booster rispetto a chi ha solo due dosi di vaccino anche se da più di 120 giorni. Questo però non vuol dire che il booster sia poco efficace o addirittura controproducente – rimarca – perché bisogna considerare diversi fattori che possono portare a una sottostima dell’efficacia nei soggetti che hanno ricevuto la dose booster in questa fascia di età”.
Il periodo preso in considerazione dai bollettini, l’ultimo per il quale si dispone di dati consolidati, è quello che comprende i ricoveri che vanno dalla fine di dicembre alla fine di gennaio. “I soggetti nella fascia di età 12-39 anni considerati in questo periodo sono quindi quelli che hanno completato per primi il ciclo vaccinale con la dose booster. Questi soggetti – prosegue l’Iss – hanno un rischio intrinseco di infezione/ricovero/morte maggiore rispetto al resto della popolazione e sono coloro che hanno avuto un accesso prioritario alla vaccinazione proprio poiché considerati a rischio elevato immunocompromessi, trapiantati, operatori sanitari). La fragilità è un fattore di confondimento in questa analisi, dato che i casi fragili (immunosoppressi, con diverse comorbidità, etc.) hanno contemporaneamente una maggiore probabilità di aver ricevuto il booster e una maggiore probabilità di essere ospedalizzati (e di decesso)”.
“Considerato che alla fine di dicembre solo l’8% dei soggetti nella fascia di età 12-39 aveva ricevuto la dose booster, la stima dell’efficacia vaccinale dopo la dose booster, in questo periodo, soffre di un chiaro bias di selezione. Man mano che saranno presi in esame periodi successivi le stime di efficacia riferite a questa popolazione risentiranno meno di questo fattore di confondimento”, osserva l’Iss. Nel periodo preso in esame va inoltre considerato “che il contesto era in rapida evoluzione e diversi fattori possono aver contribuito a una sottostima dell’efficacia vaccinale dopo la dose booster: il principale è l’avvento della variante Omicron con la sua maggiore infettività, che ha determinato l’aumento repentino dell’incidenza complessiva con il conseguente aumento delle diagnosi tra le persone che venivano ammesse in ospedale per altre patologie”.
(Adnkronos)