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sabato, 16 Novembre, 2024
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L’Associazione Archeologica lametina compie 50 anni, ne parliamo con l’artista “atipico” Rocco Purri

I suoi laboratori sono un “caos organizzato” come mi dice e com’è evidente allo sguardo. Cantieri in costante attività che esprimono sapere e conoscenze a partire da cose apparentemente semplici che invece nascondono un mondo: argilla e fuoco. “La ceramica – dice – ha retto l’economia del mondo almeno dal seimila avanti cristo”.

E’ un artista atipico Rocco Purri, ingegnere chimico nonché ceramista, archeologo dilettante, componente dell’Associazione Archeologica lametina, motore della ricerca e della divulgazione storico-archeologica nella piana che proprio quest’anno compie mezzo secolo di vita.
Lo studio della chimica lo ha aiutato ad organizzare il suo pensiero e ad avvicinarsi quanto non mai alla grandezza della creazione degli antichi attraverso metodi scientifici. Non è tanto e solo il manufatto ad interessarlo, che pure realizza con stupefacente bellezza. Non è la soddisfazione estetica quanto il procedimento. Tutto deve essere riportato al reale: materiali, tecniche, procedure, uso. “Quello che mi affascina è capire come pensavano, il viaggio nell’emozione di quegli individui creatori, sia che vivessero nel neolitico piuttosto che nel medioevo. I loro manufatti sono il frutto di un percorso manuale, mentale e spirituale che occorre tenere insieme”.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

Così, nel suo laboratorio, dai pochi frammenti ritrovati, dal loro attento studio, ecco riemergere l’oggetto nelle sue forme, dimensioni, colori, disegni, incisioni, sia esso una ciotola neolitica di Casella di Maida piuttosto che un vaso greco o un piatto di portata del castello normanno-svevo o dell’abbazia di Sant’Eufemia.
Dopo cinquant’anni di attività qual è lo stato dell’arte della ricerca archeologica nel lametino?
Non c’è dubbio che stiamo vivendo un periodo di stasi totale nella ricerca archeologica. Fino a quando l’obiettivo è stato il ritrovamento della mitica Terina, la sua ricerca ha catalizzato attenzione, energie e aspettative. Una volta disvelato il sito è come se tutto si fosse congelato, come se non ci fossero più obiettivi, strade che vale la pena percorrere, approfondimenti da compiere.
Stai dicendo che la narrazione di Terina ha funzionato come motivazione alla ricerca, come facilitatrice della curiosità e del sapere ma una volta esaurita la spinta, con la scoperta, si è bloccato tutto …
A parte la circostanza – ma questa è una mia opinione – che probabilmente la zona scavata è più quella che oggi definiremmo un’area industriale della città, una zona di produzione più che l’abitato vero e proprio, che dovrebbe trovarsi più a monte e che meriterebbe una puntuale attenzione almeno in termini di sondaggi, lo stesso abbandono dell’area testimonia il disinteresse.

Occorrerebbe qualcosa per rilanciare l’attenzione in termini di nuovo grande obiettivo, di un nuovo mito.
Ne potrei indicare decine di obiettivi. Ma uno in particolare potrebbe essere alla portata partendo da ciò che abbiamo. Mi riferisco al ritrovamento delle tombe di San Sidero, in particolare alla tomba fittile risalente tra la seconda metà del IV sec. e gli inizi del III sec. A.C. Un manufatto coperto da tegole che non hanno paragoni nelle tipologie riscontrate finora, sia per grandezza che per struttura. Sono lastre in terracotta a stampata doppia, ciascuna delle quali pesa circa 45 kg, di dimensioni un metro per sessanta circa, con rilievi e incavi di una complessità impressionante.
A loro hai dedicato una pubblicazione scientifica. Dov’è il mito?
Le ho riprodotte e la loro complessità e difficoltà di realizzazione mi fa sostenere che non sono tegole costruite appositamente per una tomba ma per un edificio di una certa grandezza e importanza. O sono state riusate da un grande edificio andato in rovina o si tratta di merce di scarto di una bottega che produceva per edifici importanti date le loro dimensioni. Dieci lastre fanno quasi mezza tonnellata, difficile anche il trasporto se non via mare. Mettendo insieme tutti questi elementi credo ci debbano essere i resti di un grande edificio nell’area. Qualcosa che vale la pena cercare. Potrebbe raccontarci tante cose.
Claudio Cavaliere

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