Il 3 maggio 1982 un’autobomba uccise a Reggio Calabria Gennaro Musella, ingegnere salernitano che aveva trasferito in Calabria la sua impresa di opere marittime, la seconda del Meridione. L’attentato, secondo quanto emerse dalle indagini, segnò l’alleanza tra la mafia catanese e la ‘ndrangheta. Musella, alle 8,20, uscì, come al solito, da casa. Pochi metri, l’apertura della portiera dell’auto, la messa in moto, il boato assordante. Reggio Calabria tremò come scossa di un terremoto: Musella fu disintegrato da una potentissima carica di tritolo posizionata sotto il sedile di guida.
L’auto si accartocciò su se stessa, volando in aria per poi tornare al suolo. Sull’asfalto si formò una voragine che ancora oggi, quando piove molto, riaffiora. Dopo appena due giorni, avrebbe compiuto 57 anni.
Una via oggi porta il suo nome. Musella aveva denunciato illeciti nella gara d’appalto per il porto di Bagnara Calabra. A seguito della sua denuncia, l’appalto fu annullato e riproposto. Cinque giorni prima dell’espletamento della seconda gara, l’imprenditore saltò in aria. Sul suo delitto, l’ombra dei cavalieri della mafia.
Musella fu ucciso dopo soli due giorni dall’assassinio di Pio La Torre e tre mesi esatti prima di quello del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. E’ stato ricordato a Reggio Calabria da don Luigi Ciotti nel corso di una concelebrazione eucaristica a lui dedicata. Tra gli interventi, quello di Simona Dalla Chiesa, figlia del generale.