Catanzaro – Nelle prime ore della giornata odierna, a Catanzaro e Gimigliano (CZ), la Compagnia dei Carabinieri di Catanzaro e la Squadra Mobile della Questura di Catanzaro, quest’ultima supportata in fase esecutiva dal Reparto Prevenzione Crimine “Calabria” di Vibo Valentia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro su richiesta di questa Procura della Repubblica – nei confronti di 9 indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere (art. 416 C.P.), truffa (art. 640 C.P.), falsità in testamenti (art. 491 C.P.), riciclaggio ed auto riciclaggio (artt. 648 bis – 648 ter1 C.P.), accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter C.P.) e corruzione (art. 319 C.P.). In particolare, sono destinatari della misura della custodia cautelare in carcere 2 indagati, mentre altri 7 sono sottoposti alla misura degli arresti domiciliari.
In carcere
Luciano Crispino, 61 anni di Catanzaro;
Marco Scalzo, 34 anni di Catanzaro.
Ai domiciliari
Elio Raffaele Bruno, 57 anni di Catanzaro;
Giuseppe Aiello, 39 anni di Crotone;
Gianfranco Cappellano, 27 anni di Catanzaro;
Sara Moumen, 28 anni, nata a Casablanca (Marocco);
Sonia Matera, 54 anni nata a Milano;
Roberto Barbuto, 57 anni di Catanzaro;
Ortenzia Fabiano, 63 anni di Gimigliano.
L’indagine, sviluppata su convergenti filoni investigativi dall’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato (dal marzo 2020 al luglio 2021), ha accertato l’esistenza di un sodalizio criminale dedito alla falsificazione di testamenti e al successivo reimpiego delle somme illecitamente introitate (quasi 1,5 milioni di euro complessivi) sia nei conti correnti personali che in quelli di alcune aziende riconducibili agli indagati, il tutto anche con l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di aziende fantasma intestate a prestanome o comunque sempre riconducibili agli indagati.
L’attività d’indagine ha consentito di mettere in luce il ruolo esercitato da ogni appartenente all’associazione individuando distintamente il soggetto in posizione di vertice, nonché i partecipi.
In merito al modus operandi dell’organizzazione, in buona sostanza, alcuni dei sodali individuavano i soggetti in età avanzata, privi di familiari, che avevano a disposizione cospicue somme di denaro depositate presso Poste Italiane, mentre altri provvedevano a reperire tutta la documentazione inerente il defunto. Successivamente, tra gli stessi correi, veniva selezionato un erede ad hoc, contestualmente veniva pubblicato il testamento, evidentemente falso, e tramite un procuratore speciale appositamente nominato, veniva incassata l’eredità o, come accertato in alcuni casi, emergeva il tentativo di riscuoterla. In ragione di ciò, prima di incassare l’eredità gli indagati aprivano una serie di conti correnti i quali risultavano essere riconducibili ai falsi eredi appartenenti al gruppo in questione, o a società false ed inesistenti.
Nell’attività è risultato coinvolto un dipendente di Poste Italiane che, accedendo illecitamente ai sistemi telematici interni, ricercava e indicava i soggetti, quasi sempre privi di discendenti diretti e con ampi patrimoni mobiliari, per i quali procedere alla falsificazione, ottenendo in cambio somme di denaro.
Alcuni degli indagati, tra i quali alcuni professionisti, poi, si prestavano, nelle fasi di apertura dell’eredità, quali testimoni o procuratori speciali in sede di esecuzione dei testamenti, pur a conoscenza della loro falsità.
Le investigazioni sono state effettuate, oltre che con le attività di carattere tradizionale anche con l’attivazione di presidii di natura tecnica.
Oltre alle misure cautelari personali, a carico degli indagati, sono stati poi eseguiti sequestri preventivi di natura patrimoniale sia dei conti correnti che dei beni immobili e mobili. Il procedimento penale è ancora nella fase delle indagini preliminari.