Molti ambienti di Capo Colonna, spesso solo sfiorati da camminatori, ciclisti e distratti fruitori della natura, custodiscono una ricca biodiversità che non è quella dei numeri ma della qualità: specie rare, autoctone, peculiari dei nostri territori, specie da proteggere e possibilmente far espandere, tutelando gli habitat spesso fragili. Ma soprattutto specie da conoscere, perché rischiamo di perderle senza aver saputo della loro esistenza ad un passo da noi. Tra queste le orchidee spontanee sono fra le più preziose e importanti. Per la loro rarità e la complessità dei meccanismi di riproduzione e crescita sono considerati ottimi bioindicatori della qualità del suolo e dell’ambiente in cui si trovano. Sul nostro Pianeta le specie di orchidee fino ad oggi scoperte sono più di 25.000. La famiglia botanica delle Orchidaceae è dunque una delle più numerose al Mondo. Si tratta di organismi vegetali estremamente affascinanti che nel corso dell’evoluzione sono riusciti a colonizzare l’intero pianeta ad eccezione dei deserti e delle zone circumpolari.
La maggior parte delle orchidee cresce in paesi esotici a climi tropicali, ma una parte minoritaria di esse (circa il 15%) si trova spontaneamente anche nelle zone temperate e fredde. In Italia crescono circa 240 specie di orchidee selvatiche, in Calabria vivono una settantina di specie con circa venti generi diversi .Per germinare i semi dell’orchidea, piccolissimi e privi di sostanze nutritive che ne sostengono lo sviluppo, necessitano che nel terreno sia presente un fungo con il quale formano una simbiosi che in molti casi durerà per tutta la vita della pianta (micorriza). Dove questi funghi non sono presenti la pianta non può crescere e riprodursi, quindi qualunque alterazione del suolo che ne comprometta la presenza determina la sparizione dell’orchidea. Sono piante in maggior parte entomofile, ossia hanno fiori del tutto particolari e spesso appariscenti volti ad attirare gli insetti impollinatori (detti pronubi). Ci sono però alcune eccezioni, ad esempio specie assai mimetiche e con fiori minuti. Ogni singolo fiore di orchidea è esteticamente inimitabile e possiede simmetria bilaterale, ovvero si può idealmente dividere in due metà .Una caratteristica comune a tutti i fiori di orchidea è il labello. Il termine deriva dal latino labellum, diminutivo di labrum (labbro). Si tratta del petalo centrale che appare “modificato” rispetto agli altri per dimensioni, forma e colore, divenendo in genere più appariscente ed evidente. L’aspetto del labello è una delle principali caratteristiche da osservare per riconoscere le varie specie di orchidee e, tra le sue forme più affascinanti, troviamo quello delle Ophrys come quella ritrovata sul promontorio Lacinio. Per quanto vi siano orchidee spontanee più note e appariscenti, il genere Ophrys con il suo labello è sicuramente tra i più specializzati per quanto riguarda i metodi di impollinazione.Già Darwin, nell’800, notò che i fiori di Ophrys sembrano essi stessi degli insetti attaccati agli steli. Egli intuì che i fiori di queste piante attirano i pronubi con un inganno, senza dar loro alcuna ricompensa (deceptive Orchids), ma non riuscì a capire in che modo essi venissero fecondati. Fu solo alla fine dell’800 che Pouyanne ne comprese la strategia riproduttiva, del tutto peculiare e sorprendente. Il loro e un “inganno sessuale”: vittime predestinate sono i maschi di particolari api e vespe di cui i fiori si fingono le femmine. Questo particolare genere di orchidee ha evoluto un labello simile in tutto e per tutto alla femmina di un imenottero per tinta, pelosità e consistenza.
Addirittura nella parte centrale presenta solitamente una macchia o un disegno rilucente che imita il riflesso delle ali alla luce del sole. Per completare il raggiro e rendere più credibile l’inganno, il meccanismo di impollinazione delle Ophrys prevede anche l’emissione di sostanze volatili (feromoni) da parte della pianta in grado di esercitare una forte attrazione sessuale sui maschi di Imenottero simulano l’odore della femmina ricettiva. L’attrazione sessuale esercitata dal fiore è fortissima: convinti di aver trovato la loro femmina i maschi tentano di accoppiarsi col fiore. Durante i ripetuti movimenti vengono a contatto con i pollini, che aderiscono al loro capo. Poi l’insetto se ne va, ma al prossimo tentativo di pseudocopula porterà i pollini a contatto con lo stimma di un altro fiore attraverso il medesimo. Così l’orchidea ottiene il suo scopo: la fecondazione incrociata.
I principali motivi per cui queste specie sono fortemente a rischio , conclude il presidente del Circolo Ibis Girolamo Parretta sono: il degrado dei suoli, la scomparsa degli insetti impollinatori, la perdita degli habitat , ma a queste si aggiungono la raccolta e il danneggiamento da parte dell’uomo. Per questi motivi sono specie protette la cui raccolta è vietata così come è vietata ogni forma di danneggiamento della pianta (raccolta dei semi, asportazione, raccolta dei fiori). La ricerca dei soci del Circolo Ibis continua, ed è un viaggio nella bellezza che ci permette di scoprire sempre di più l’importanza del nostro territorio, così ricco di biodiversità, di storia e di suggestioni, così pieno di vita nascosta da conoscere e proteggere.