Un anno. È il tempo passato da quando la vita della famiglia Ferrerio è cambiata per sempre. Da quando Davide, un semplice ragazzo di vent’anni, è stato aggredito brutalmente dal 23enne Nicolò Passalacqua per un tragico scambio di persona. Passalacqua aveva organizzato, insieme alla fidanzatina, alla mamma di lei, Anna Perugino, e al compagno della donna, Andrej Gaju, una spedizione punitiva ai danni del 32enne Alessandro Curto, che quella sera avrebbe dovuto incontrare proprio la fidanzata di Passalacqua. Ma un messaggio di quattro parole, “Ho una maglietta bianca“, inviato da Curto prima di dileguarsi, è stato la condanna di Davide. Una condanna ingiusta, immotivata e spietata per la quale Giusy Orlando, mamma del giovane ventenne, non riesce ancora oggi a darsi pace.
Signora Orlando, domani sarà un anno dal pestaggio a suo figlio Davide.
“Non ci capaciteremo mai del perché Davide sia stato ridotto in questo stato. È stato ucciso un ragazzo innocente, senza che lui potesse anche solo parlare. Quello che gli è stato fatto è disumano, mio figlio era sceso a Crotone semplicemente per farsi un po’ di mare e invece ha incontrato la fine della sua vita. Vederlo così, fermo in un letto di ospedale, è straziante. All’inizio pensavamo si potesse riprendere, ma dopo un anno abbiamo acquisito tutti la consapevolezza che non succederà mai. Io non ho più un figlio e non so perché”.
Com’è cambiata la vostra vita da quel terribile 11 agosto di un anno fa?
“Noi sopravviviamo, non viviamo più. Quello che è successo a Davide ha distrutto la nostra famiglia. Facevamo tantissime cose insieme, dalle vacanze alle passeggiate. Con Davide avevo un rapporto stupendo, lui era legatissimo a me. In questi giorni mi capita spesso di ripensare a come passavamo le sere d’estate, tra un’uscita per un gelato o una pizza. Passavamo anche molto tempo in una baracchina qui vicino casa nostra. Ora invece io, mio marito e l’altro mio figlio Alessandro facciamo i turni per andare a trovare Davide in ospedale. Non possiamo far altro che guardarlo lì, inerme, mentre sta subendo un calvario terribile. Sopravvive solo grazie a dei macchinari che lo tengono in vita”.
Lo scorso aprile è arrivata la condanna per Nicolò Passalacqua. A settembre si tornerà in aula per altri due imputati. Pensa che sia stata fatta giustizia per suo figlio?
“No, assolutamente. Passalacqua non doveva avere la possibilità di accedere al rito abbreviato, che gli ha permesso uno sconto di pena. Vent’anni per quello che ha fatto a Davide sono pochi. Ha distrutto per motivi inesistenti la vita di un ragazzo di 20 anni. Io mi auguro che ci siano pene molto severe anche per le altre persone coinvolte in questa vicenda, perché hanno dimostrato disprezzo nei confronti della vita di mio figlio”.
Non c’è mai stato, finora, un segno di pentimento da parte dell’aggressore di Davide e degli altri imputati. Lei si aspetta che ci sarà in futuro?
“No e nemmeno mi interessa. Non hanno dimostrato alcun tipo di pentimento finora e non lo dimostreranno mai. Anzi, Passalacqua dopo l’aggressione è andato prima a prendere da bere al bar e poi a pescare. Quando ci ha visti in aula ha riso, con scherno. Per non parlare di quello che è successo fuori dal tribunale di Crotone in una delle ultime udienze. Siamo stati minacciati dai familiari di quel mostro. È mai possibile, dopo tutto quello che abbiamo passato, essere costretti ad avere la scorta perché queste persone ci minacciano? È una follia. Mi sono sentita dire che mi avrebbero ammazzato anche l’altro figlio. Queste non sono persone e io non le considero tali”.
Prima ha detto che avete maturato la consapevolezza che Davide non si risveglierà mai. Che persona era suo figlio?
“Era un ragazzo buono, generoso, altruista. Un ragazzo che non amava discutere e che non avrebbe mai fatto male a nessuno. Di lui mi manca tutto. Davide era casa, il collante di questa famiglia. Mi manca mio figlio, la persona che ho messo al mondo. Mi alzo la mattina e vedo il suo letto vuoto, apro l’armadio con tutti i suoi vestiti e so che non li indosserà più. È un dolore inspiegabile, che non passerà mai, che nemmeno tutto il tempo del mondo riuscirà a lenire. La valigia che aveva fatto prima di andare a Crotone è ancora chiusa, ferma in un angolo della casa. E non abbiamo mai trovato il coraggio di aprirla”.
(Intervista di Chiara Caravelli- il restodelcarlino.it)