Per metà delle famigli italiane i Pronto soccorso sono difficili da raggiungere e ciò accresce le difficoltà in caso di emergenze. Il dato è fotografato dall’Istat, che segnala come questa criticità sia più forte al Sud e nei piccoli comuni. A pesare è la dislocazione degli ospedali sul territorio ma la soluzione, secondo gli specialisti di Medicina d’urgenza, non sta nell’aumentare il numero dei punti di soccorso quanto nel creare una vera rete di assistenza sul territorio. Secondo il report sui servizi di pubblica utilità dell’Istat, una famiglia italiana su due, il 50,8%, ha dunque difficoltà a raggiungere il Pronto soccorso, in aumento di 1,6 punti percentuali rispetto al 2022. Le percentuali più elevate si evidenziano al Sud, con circa sette punti più della media nazionale, seguono le Isole e il Centro, rispettivamente al 52,7% e 52,4%.
Lo studio evidenzia poi che «in oltre 11 Regioni la percentuale di famiglie che non riesce a raggiungere facilmente questo servizio supera la media nazionale: la più alta si registra in Campania (63,5%), seguita da Calabria (62,5%), Liguria (58%) e Puglia (57%)». «La dimensione dei Comuni di residenza – afferma l’Istat – influenza fortemente il livello di difficoltà delle famiglie, poiché si lega alla dislocazione dei punti di Pronto soccorso sul territorio: nei Comuni centro dell’area metropolitana la percentuale è pari al 43,8% mentre nei Comuni piccolissimi (al di sotto dei 2.000 abitanti) sale al 68,6%».
Quanto all’accesso alle Asl, nel 2023 poco meno del 40% degli over-18 vi si è recato e gli utenti che lamentano attese sopra 20 minuti per i servizi offerti sono il 49,8% in media nazionale. Si tratta di un «disagio per i cittadini – commenta all’ANSA Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu) – ma il punto è che non si può avere un Pronto soccorso (Ps) in ogni comune, perchè disseminare le strutture di emergenze sul territorio non risponderebbe ad una esigenza di qualità dell’assistenza. In altre parole, prevedere un Ps magari per garantire 10mila accessi in un piccolo comune non sarebbe un’operazione di qualità». La vera soluzione invece, secondo l’esperto, «sta nel non considerare i Ps come delle monadi, ma piuttosto integrati in una vera rete di emergenza urgenza che comprende anche un’assistenza pre-ospedaliera. In questa rete, un ruolo fondamentale ha il 118 ed i medici e infermieri dei Ps dovrebbero lavorare, con un ruolo unico, anche nel 118 in modo da creare una vera integrazione con i Ps, dove giungerebbero solo i casi più gravi. Un modello, questo, che in alcuni territori sta già funzionando». Insomma, conclude il presidente Simeu, «l’obiettivo non deve essere più quello di portare il cittadino al centro di emergenza ma, al contrario, che il sistema di emergenza raggiunga il cittadino laddove si trova e questo principalmente attraverso il sistema del 118 che – conclude De Iaco – va assolutamente potenziato».