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martedì, 26 Novembre, 2024
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Donne e gender gap, Unilavoro Pmi: necessario combattere le disuguaglianze di genere

Rilevare il grado di divario di genere in Europa, con una forbice che oltretutto si è aperta a seguito della pandemia da Covid, vuol dire trovarsi al cospetto di statistiche per cui, secondo il Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, ci vorranno altri 132 anni per colmare il divario di genere globale. A sottolinearlo, con rammarico, Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi, il quale fa notare come il Global Gender Gap Report, introdotto dal Forum economico mondiale nel 2006, abbia fornito un quadro che mostra l’ampiezza e la portata della divario di genere in tutto il mondo. Per ogni nazione l’indice fissa uno standard del divario di genere basandosi su criteri economici, politici, educazione e salute, e fornisce una classifica dei paesi, permettendo un confronto efficace sia tra regioni che gruppi di reddito nel tempo. Le classifiche sono state realizzate per creare maggiore consapevolezza a livello mondiale. La metodologia e l’analisi quantitativa sono destinate a servire come base per la progettazione di misure efficaci per la riduzione delle disparità di genere. Intorno al concetto di genere, precisa Guzzi, ruotano stereotipi e pregiudizi che ne determinano culturalmente le ricadute sociali. Una questione imbarazzante e complessa che continua a destare forte interesse ed estrema preoccupazione.

Il Gender Gap, o divario di genere, è un fenomeno fortemente diffuso, radicato in una cultura patriarcale e discriminante. Le differenze di genere – continua Guzzi – sono evidenti in tutti i contesti: in quello familiare, in quello sociale, in quello lavorativo. Nella geografia a scala europea della partecipazione del genere femminile alle attività lavorative, la presenza diffusa di strutture di assistenza sociale e di strumenti politico-economici orientati a favorirne l’occupazione, rappresenta il principale fattore di discrimine per il concreto esercizio del diritto al lavoro. Nello stesso tempo, si legge, le condizioni di opportunità differenziate che, in definitiva, incidono sulla maggiore o minore propensione all’inserimento nel mondo del lavoro, e nel tempo, a conservare la posizione lavorativa acquisita, risultano ancora a danno della componente su cui ricade, in molti contesti, il carico familiare, precludendone, tra l’altro, la possibilità di raggiungere posizioni apicali nel mercato del lavoro.

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Un fenomeno critico, complesso e molto preoccupante che, oltre a violare i diritti fondamentali, determina forti ed evidenti conseguenze dal punto di vista economico e sociale. Ripercussioni che sortiscono effetti negativi non solo nel presente, ma anche nel futuro. Il divario di genere a livello occupazionale e retributivo, che si accumula nell’arco di una vita – conclude Guzzi – porta infatti ad un divario pensionistico ancor più accentuato e, di conseguenza, espone le donne, in età avanzata, a un maggior rischio di povertà rispetto agli uomini. L’impegno di tutti, in parallelo, dovrebbe essere quello di creare una cultura di parità, che promuova, e divulghi, in tutti gli ambiti, un’educazione capace di superare i pregiudizi. Politiche di attrazione dei talenti, formazione adeguata, e piani di promozione che consentano l’accesso delle donne nel mercato del lavoro.

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