La prima morte umana nel mondo causata dal nuovo ceppo di influenza aviaria A/H5N2 “ci deve preoccupare per non farci trovare impreparati come accaduto col Covid”. Ne è convinto Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene all’Università degli Studi di Milano e direttore dell’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano.
Sul caso della donna morta in Messico non c’è ancora chiarezza: “Da quello che emerge – osserva all’AGI Pregliasco – la vittima non aveva avuto contatti con animali infetti. E dunque potremmo trovarci di fronte a un contagio uomo – uomo”.
“La situazione potrebbe essere la punta di un iceberg e nascondere una diffusione più ampia a livello animale con il rischio di un possibile contagio”, spiega il virologo, secondo cui l’unica misura da prendere è quella della “sorveglianza epidemiologica che comprende anche l’eventuale copertura vaccinale per il personale a rischio”.
Ad oggi non esiste un vaccino per la nuova variante di aviaria che ha ucciso la donna in Messico, ma “grazie alla tecnologia ad mRna i sieri potrebbero essere messi a punto con grande rapidità”. Sotto accusa, nel caso del decesso, c’è il latte crudo: “La pastorizzazione del latte è fondamentale non solo per evitare malattie come l’aviaria, ma anche per non contrarre Salmonella o E. Coli”, avverte Pregliasco.
(Agi)