Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, sotto il coordinamento e su disposizione della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia torinese, hanno dato esecuzione, nel capoluogo piemontese e provincia, a un fermo di indiziati di delitto nei confronti di 6 soggetti gravemente indiziati della commissione di reati di associazione di tipo mafioso, ricettazione, estorsione aggravata dal metodo mafioso nonché detenzione illegale di armi. Le pertinenti investigazioni sono state curate dal Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino, con il ricorso a complessi e articolati accertamenti di polizia giudiziaria, compiuti anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali e attività di osservazione e pedinamento ad ampio spettro. Le stesse sono state avviate nel quadro delle risultanze di pregresse attività investigative (in particolare le operazioni “Carminius” e “Fenice”), che, nel corso del 2019, hanno consentito di disarticolare una articolazione ‘ndranghetista di matrice vibonese attiva in provincia di Torino.
Le indagini svolte hanno consentito di raccogliere consistenti e significativi elementi indiziari circa l’esistenza di un sodalizio di tipo mafioso, radicato nella provincia torinese (in particolare nel carmagnolese), il quale – avvalendosi della forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne consegue – ha commesso una pluralità di delitti e ha acquisito (in modo diretto, mediante intestazione fittizia di società e imprese artigiane, e indiretto, attraverso servizi di “protezione” e “recupero crediti”, intermediazione di manodopera e ingerenza nei rapporti tra imprese del settore edile, operai, sindacati di categoria e cassa edile) il controllo di attività economiche nel settore edilizio, immobiliare, dei trasporti e della ristorazione. Le investigazioni hanno fatto emergere la rilevanza del ruolo svolto, ai fini dell’operatività dell’associazione, di un membro eletto nella locale segreteria di una sigla sindacale del settore edilizio, settore di specifico interesse della consorteria.
Personaggio centrale nell’ambito dinamiche delittuose del sodalizio investigato è risultato un soggetto, anch’egli colpito dal provvedimento di fermo, già implicato nel noto processo “Minotauro” (riguardante l’insediamento e l’operatività in Torino e in diversi comuni piemontesi di numerose formazioni ‘ndranghetiste, tutte collegate tra loro e costituenti una vera e propria rete associativa), il quale – in ipotesi d’accusa – risulta dirigente e organizzatore della rete della ‘ndrangheta del Piemonte (a tutt’oggi ancora operativa) – e aver in tale veste promosso, favorito e partecipato a incontri tra associati di diverse articolazioni calabresi e piemontesi (per intese, alleanze, spartizioni del territorio, richieste di interventi di mediazione o recupero crediti, regolamentazioni di rapporti tra associati e articolazioni, autorizzazioni a commettere delitti) – e riferimento per appartenenti alla criminalità organizzata comune che intendevano ottenere avallo per la propria attività delittuosa. Egli risulta aver esercitato il proprio ruolo anche sovraintendendo alle attività dei partecipi del sodalizio carmagnolese nel settore dell’edilizia, e poi aver assicurato i sostentamenti finanziari per le spese legali degli associati e le loro famiglie.
Dalle indagini è altresì emerso che l’organizzazione in questione, grazie all’opera di due ulteriori destinatari del fermo, ha fornito sul territorio di Carmagnola protezione a imprenditori nel corso di dissidi con altri operatori economici. Tale servizio di protezione veniva remunerato con somme di denaro riscosse e successivamente destinate agli associati.
Emblematica, ai fini della descrizione del modus operandi dei soggetti coinvolti nelle indagini, è la figura di un ulteriore sodale, affiliato alla ‘ndrangheta sin dal 2003 (per questo già giudicato), il quale non solo ha favorito lo scambio di comunicazioni inerenti all’attività del gruppo criminale, organizzando incontri con altri appartenenti, ma ha anche concordato con altri sodali, citati quali testimoni in udienze per un processo riguardante delitti di matrice ‘ndranghetista, termini e modi per rendere falsa testimonianza, al fine di screditare un collaboratore di giustizia.
Costui, in un caso specifico, con minaccia consistita nel far valere la propria appartenenza all’organizzazione, ha costretto un soggetto estorto a consegnargli beni preziosi (bracciali in oro e simili), per un valore complessivo di circa 20 mila euro.
Destinatario del fermo è anche un soggetto attualmente detenuto in carcere per essere stato giudicato in via definitiva per avere fatto parte nel recente della ‘ndrangheta piemontese. Costui oltre a partecipare agli incontri tra i membri dell’organizzazione della ‘ndrangheta del Piemonte e a risultare protagonista di vicende estorsive, si è adoperato per fornire sostegno finanziario e assistenza logistica a favore del latitante Pasquale Bonavota, ritenuto appartenente di spicco dell’omonima cosca del vibonese.