In Italia, il trasporto su ferro resta un tema secondario e i finanziamenti ad oggi risultano essere assolutamente inadeguati. Il risultato è un trasporto che fatica a migliorare e su cui pesano anche gli impatti degli eventi meteo estremi con ritardi e interruzioni sempre più frequenti, i divari cronici tra Nord e Sud del Paese, i tagli ai collegamenti interregionali. A fare il punto è il nuovo report Pendolaria 2025 di Legambiente, presentato oggi a Roma, che mette in fila dati, numeri e proposte. Partendo dal portafoglio delle risorse, è a dir poco esiguo l’incremento di 120 milioni previsto nella proposta di legge di Bilancio 2025 per il Fondo Nazionale Trasporti, sottofinanziato da anni. In valori assoluti, i finanziamenti nazionali per il trasporto su ferro e su gomma sono passati da circa 6,2 miliardi di euro nel 2009 a 5,2 miliardi nel 2024,ma questi importi restano ben al di sotto delle necessità e rappresentano un–36% se si considera l’inflazione di questi ultimi 15 anni. Nel frattempo, il progetto del Ponte sullo Stretto continua a drenare ingentissime risorse pubbliche. Lo scorso anno, 1.6 miliardi sono stati dirottati dalla quota dei Fondi per lo sviluppo e la coesione (FSC) destinati direttamente alle regioni Calabria e Sicilia, mentre ora sono state alleggerite ulteriormente (da 9,3 a 6,9 miliardi) le spese a carico dello Stato,aumentando da 2,3 a 7,7 miliardi il contributo FSC. L’aspetto drammatico è che oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali fino al 2038 riguarderanno il Ponte sullo Stretto, lasciando irrisolti problemi cronici come le linee chiuse o i servizi sospesi da oltre un decennio. A questo si aggiungono criticità nelle infrastrutture di trasporto urbano.
Oltre ai finanziamenti inadeguati, a pesare sul trasporto pubblico sono anche gli impatti della crisi climatica. Sono 203 gli eventi meteo estremi che in Italia negli ultimi 14 anni – tra il 2010 e il 2024 – hanno causato interruzioni e ritardi a treni, metro e tram in tutta Italia.Secondo il Rapporto del Mit “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità”,i danni su infrastrutture e mobilità provocati dalla crisi climatica aumenteranno entro il 2050 fino a circa 5 miliardi di euro l’anno e, in assenza di misure di adattamento, raggiungerebbero un valore tra lo 0,33% e lo 0,55% del PIL italiano al 2050. Linee peggiori d’Italia e tagli ai collegamenti interregionali: Ritardi cronici, stazioni chiuse da anni e treni poco frequenti sono la sfida quotidiana dei pendolari che utilizzano le linee peggiori d’Italia.Tra le conferme le linee ex Circumvesuviane, la Roma Nord-Viterboe la Catania-Caltagirone-Gela.Tra le 7 new entry anche la rete di Ferrovie della Calabria, dove le due linee del taurense (la Gioia Tauro – Palmi – Sinopoli e la Gioia Tauro – Cinquefrondi) sono state sospese integralmente nel 2011 e giacciono in stato di abbandono.
Il Sud, il grande dimenticato: qui la situazione del trasporto su ferro resta critica: l‘età media dei treni, pari a 17,5 anni, è ancora superiore a quella del Nord, dove si è scesi a 9 anni. I treni regionali in Calabria hanno un’età media di oltre vent’anni (20,1) costituendo la flotta più vecchia d’Italia, seconda solo all’ Umbria, ed il numero dei viaggiatori è in costante calo. Inoltre, la rete ferroviaria del Mezzogiorno è ancora in gran parte non elettrificata e sono diverse le linee dismesse tra le quali quelle che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 13 anni. In Calabria esistono casi emblematici come il collegamento Cosenza -Crotone che richiede almeno 3 ore per percorrere 115 km di distanza.
“La mobilità in Calabria, nonostante alcuni miglioramenti infrastrutturali ed i rinnovi parzialmente avvenuti nel parco treni – afferma Anna Parretta, presidente Legambiente Calabria –continua ad essere una nota dolente. Nella nostra regione è complesso spostarsi senza l’utilizzo di un mezzo privato e ci sono tassi molto elevati di motorizzazione con conseguenze negative sull’inquinamento ambientale e sulla vivibilità delle città oltre che sulla salute delle persone”. “Si tratta di elementi – prosegue Parretta –che incidono necessariamente sulla qualità della vita dei calabresi andando in senso contrario alle logiche della sostenibilità e rappresentano un frammento di quelle dinamiche socio-economiche che stanno contribuendo a spopolare non solo le nostre aree interne, ma anche le aree metropolitane della regione come sta accadendo a Reggio Calabria che ha perso dal 2001 al 2023 ben 44.851 abitanti pari al 7,95 %. Bisogna ripensare la Calabria a partire dalla mobilità“.