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martedì, 4 Marzo, 2025
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In tempi di coronavirus stiamo dando il meglio ma anche il peggio di noi stessi

Ci vuole responsabilità! E’ inutile che ci giriamo intorno. In una situazione così delicata mai come adesso il comportamento di ognuno di noi può incidere sulla sicurezza collettiva e può generare un sentimento di appartenenza, di solidarietà e di unione. Un fronte compatto contro un nemico invisibile che sta cambiando il nostro stile di vita e che, probabilmente, anche quando tutto sarà passato (perchè tutto passerà) continuerà a condizionare la nostra esistenza.
Dobbiamo dimostrare responsabilità non solo con le nostre azioni, che non devono essere “sconsiderate” rispetto alle disposizioni inerenti la tutela della nostra e dell’altrui salute, ma anche con le parole, con i commenti, con le valutazioni affrettate, con il passa parola, con il chiacchiericcio.
In un clima a dir poco prossimo (se non già) alla psicosi collettiva dobbiamo dare fondo alla nostra capacità di auto limitarci. Questi sono momenti caratterizzati da una forte carica emotiva e ogni singola parola fuori luogo, ogni singolo “scantonamento” dalle regole, ogni atto che non tiene conto della complessità della situazione non fa altro che aggiungere confusione ed apportare nuovo e pericoloso turbamento.
Mi permetto di fare questo appunto partendo dai giornalisti, dalla mia categoria. Personalmente non comprendo, ad esempio, come si possano pubblicare notizie di presunti pazienti contagiati in questo o quel Comune senza citare mai la fonte ufficiale di quella notizia e, soprattutto, (e questo è ancora più grave) senza nemmeno prendersi la responsabilità diretta di quello che si comunica scrivendo che le informazioni sono state assunte direttamente dal giornalista o dalla testata.
Quale senso di utilità pubblica può avere diffondere notizie di pseudo casi registrati in giro per la Calabria senza specificarne la situazione sanitaria, l’eventuale pericolosità o, come nella stragrande maggioranza dei casi, il ricorso all’isolamento domiciliare che, ovviamente, nessun grave allarme sociale può destare.
Responsabilità ed etica professionale, dunque. Mai come in questo periodo le informazioni ufficiali e le fonti certificate non mancano. A quelle bisogna fare riferimento, solo a quelle, rifuggendo dalla tentazione di voler stupire ad ogni costo. In questo senso e anche per orgoglio di appartenenza voglio sottolineare la decisione dell’ordine dei giornalisti calabresi che ha inteso attivare la Commissione di disciplina nei confronti di quelle testate che, nei giorni scorsi, senza alcuna conferma delle competenti autorità sanitarie hanno pubblicato la notizia, palesemente falsa, della morte di un paziente con Covid-19 ricoverato a Cosenza.
La responsabilità, però, è una caratteristica che sembra mancare anche a molti rappresentanti delle istituzioni pubbliche. Prendiamo i sindaci. E’ davvero fuori da ogni logica, a mio modesto parere, dover assistere ad interventi sui vari social di alcuni di loro. Uno in particolare che mi ha colpito in queste ore con grande naturalezza ha affermato che nel suo paese (magari di poche centinaia di abitanti) si è registrato un caso di positività. Aggiungendo, poi con grande tranquillità, che pur non facendo pubblicamente il nome (dimenticandosi che è un reato): “che si tratta di una persona rientrata da 15 giorni dal Nord e che il paese tutto sa di chi stiamo parlando”.
Ora, sarà per mancanza di esperienza nella comunicazione o sarà che il clima che stiamo vivendo non consente di essere adeguatamente lucidi, ma di certo le buone intenzioni che si volevano manifestare non hanno fatto altro che ingenerare ulteriore preoccupazione e paura anche tra le persone che nessun contatto avevano potuto avere con il soggetto in questione. Sarebbe il caso che chi rappresenta le istituzioni pubbliche più che ad estemporanei messaggi facesse ricorso ad atti ufficiali con segnalazioni alle competenti autorità o apposite ordinanze.
A quanto pare, purtroppo, il senso di “libera uscita” rispetto al principio di responsabilità si manifesta anche a livelli istituzionali ancora più alti. In questo caso dispiace dover sottolineare che anche tra i vertici delle diverse Aziende sanitarie ed ospedaliere calabresi il “virus” della comunicazione a tutti i costi ha fatto pesantemente breccia.
Possibile mai che non si riesca a fare anche qui da noi (sempre per senso di responsabilità e rispetto verso i cittadini) una corretta azione di informazione univoca e certificata? A livello nazionale sappiamo che ogni sera allo stesso orario dalla Protezione Civile (in raccordo con ministero e Istituto superiore di sanità) si traccia un bilancio della giornata. Perchè, invece, qui in Calabria non si adotta lo stesso sistema? La Regione ha il suo presidente ed è stata istituita una task-force operativa, ci sono quindi le condizioni per poter agire nella maniera più corretta e completa, facendo convergere in un’unica struttura autorizzata dati e notizie da diffondere a vantaggio della stampa e della pubblica opinione. Invece no. Nemmeno questo riusciamo a fare, assistendo a dirigenti e vertici di aziende sanitarie e ospedaliere che direttamente interloquiscono contribuendo, anche loro e al di là delle intenzioni, ad alimentare disinformazione e paura tra i cittadini (sottoposti ad una sorta di “bombardamento” mediatico), veicolando attraverso questi comportamenti “scorretti” una percezione che, probabilmente, non è quella reale ma che appare molto, ma molto più grave ed allarmante.
Infine, mi permetto di richiamare alla responsabilità anche le nostre migliaia di lettrici e di lettori. Sì anche a loro dobbiamo appellarci affinchè nei loro commenti sui nostri canali social si manifesti quella responsabilità che il momento richiede. Non vi nascondo che al già complicato lavoro che la redazione svolge si è aggiunto quello di moderare i commenti sui nostri post. Per darvi un’idea della mole di lavoro vi dico solo che questa settimana i post hanno raggiunto oltre 1,3 milioni di persone.
Troppo spesso dobbiamo intervenire per nascondere commenti con indicazioni di casi di positività in giro per la Calabria che nessun riscontro certificato possiedono. Oppure di dover cancellare commenti a sfondo razzista, stavolta (paradossalmente) contro i nostri connazionali del Nord. I social sono un megafono che amplifica ogni parola e vanno a toccare le diverse sensibilità di chi le legge, le condivide o le avversa. Non diffondiamo rabbia e rancore. Cerchiamo, invece, di combattere il virus della mai sopita intolleranza e della paura che sono dentro di noi. Forse così quando tutto sarà passato, il virus che sta fuori ci avrà fatto diventare migliori e i sacrifici che tutti stiamo facendo avranno avuto un senso.

Maurizio De Fazio

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