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giovedì, 21 Novembre, 2024
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A Reggio Calabria tutto esaurito per il concerto del tour attesissimo dopo due anni di rinvii

Reggio Calabria – Vai a un concerto dello scontroso e meridiano Dario Brunori immaginando una serata di cantautorato e ti ritrovi la coda che inizia a un chilometro dagli ingressi e un pienone dai ventenni agli over, compresi genitori con i bambini sulle spalle, a ondeggiare sotto il palco. Brunori fa il tutto esaurito nell’attesa data calabrese del tour nei palazzetti, partito dopo due anni di annullamenti e rinvii per la pandemia. Al PalaCalafiore di Reggio sono arrivati anche dalla Sicilia, e lui scherza: «Siete masochisti, altrimenti non si spiega. Io per me non l’avrei fatto». E’ l’effetto Premio Tenco (per il fortunatissimo album “Cip!”, disco di platino), ma anche la prova tangibile che il cantautore di San Fili detiene ormai un solido posto tra i nomi principali della nuova canzone italiana.

A Reggio è una notte calda e già estiva, nel palasport si vedono poche mascherine e c’è voglia di selfie a viso aperto, abbracci, cori a squarciagola impavidi del droplet. La musica dal vivo è tornata, e i ragazzi di Dario se lo vivono tutto, questo momento di euforia, aggiungendo la città dello Stretto al computo dei sold out dopo Ancona e soprattutto gli oceanici concerti di Milano e Roma. Qui però l’atmosfera è speciale perché l’artista cosentino inizia il suo viaggio a Sud e «finalmente siamo in Calabria, terra benedetta e amara da cui non possiamo rinunciare», come ha fatto lui stesso, tornato nella natìa San Fili per continuare a fare musica ma pure produrre olio e vino. E a proposito di casa e famiglia, con un moto di tenerezza Brunori informa che per la prima volta a un suo concerto è presente la figlia Fiammetta, frugoletta di sette mesi, tutti di amore purissimo. Come quello che circola nel palazzetto reggino durante le due ore di piene di live, con una scaletta corposa e a tamburo battente – 22 brani, tratti da “Cip” e dagli album precedenti “A casa tutti bene”, “Vol. 1”, “Il cammino di Santiago in taxi” e “Poveri Cristi”, con grande entusiasmo dei brunoriani esperti.

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Apertura con “Al di là dell’amore”, un grido liberatorio di speranza (“ma vedrai che andrà bene/andrà tutto bene”) dove la riflessione è sulle ingiustizie del mondo ma stavolta si evoca anche la lunga angoscia per il virus, l’urgenza di uscirne e riprenderci la vita. La musica è un dovere di comunità, il più efficace antidoto alle privazioni di questi anni. Perché “a volte basta una stupida canzone a ricordarti chi sei”.
Dario suona, s’infervora, salta – lo scatto non è proprio felino ma va bene lo stesso, alle carenze atletiche sopperisce la passione – e mette in scena assalti gioiosi ai suoi musicisti Dario Della Rossa, Massimo Palermo, Mirko Onofrio, Stefano Amato e Lucia Sagretti, a cui si è unita in questo cartellone il chitarrista Asso Stefana e la travolgente brass band di Mauro Ottolini. E’ una serata di amici che si divertono e forse la scelta di una struttura da “best of” ha penalizzato gli strumentisti, la cui caratura avrebbe meritato qualche assolo, come pure ci sarebbe stato bene l’inserimento di qualche brano meno popolare, a ritroso nella produzione degli esordi di Brunori Sas («dài, vi faccio un altro brano vecchio – ironizza lui – visto che vi piacciono tanto»).

Un istrionico Brunori elargisce veraci «vi amo» e trascina il pubblico chiedendo battimani, suggerendo balli lenti con l’augurio di nascenti idilli, plasmando in diretta performance auto-antologiche sul filo della nostalgia. Sua, innanzitutto: da “Lamezia Milano” (le epopee delle trasferte fuori sede, quale croce e delizia per noi calabresi…) alle struggenti “Come stai” e “Lei, lui, Firenze”, poi “Fuori dal mondo” e la mitica “Guardia 82”, eseguita a una voce sola dagli spettatori come in un corale falò, dove oggi al posto degli accendini a far luce sono i cellulari, ma “le pene che solo ti sa dare l’amore” sono sempre le stesse, e per chi scava la sabbia sulle spiagge calabresi cercando tesori, questi quarant’anni non sono mai trascorsi. Dario ha i capelli grigi ma invita ognuno ad ascoltare il suo fanciullino pascoliano e localizzare il suono del cuore. Ed ecco il delirio sentimentale per “Due come noi”, le fortissime emozioni con “Colpo di pistola”, brano sul femminicidio, “Canzone contro la paura”, “Kurt Cobain”, “L’uomo nero” sul razzismo.
E’ l’universo di Dario Brunori, tra poesia e dissacrazione, animato da antieroi inadeguati e romantici, eterni adolescenti che sospirano su fallimenti e legami finiti – quelli dell’ «io ho avuto un’infanzia deprimente», sedotti dallo spleen, che si fanno male ma continuano a credere nell’amore, continuano a sognare. “Vivere come volare/ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere”.

Gran finale (orfano di bis) con “Arrivederci tristezza” e la dedica alle sue donne, la “mammarella”, la compagna Simona Marrazzo («il mio grande amore») e la dolce Fiammetta. Con i conterranei calabresi il prossimo appuntamento è a Cosenza, dove si prevede un happening iperglicemico tra cumparuzzi. Ma senza esagerare con l’ottimismo: “La realtà è una merda. Ma non finisce qua”.
Isabella Marchiolo

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