Scherza nel suo solito indolente mood meridiano Dario Brunori nell’annunciare che il minialbum “Cheap!”, «nonostante le pessimistiche previsioni» diventerà, a gran richiesta dei fan, un vinile. Non un semplice disco ma un oggetto musicale di culto, che uscirà il 18 marzo in due versioni – una ordinaria nera e quella speciale di colore arancione, a tiratura limitata e numerata a mano.
“Cheap!”, fratellino autoironico e sfigato del premiato “Cip!” (Tenco 2020), era stato rilasciato a metà gennaio come un divertissement post pandemico. Come per dire che l’isolamento forzato aguzza l’ingegno, e così Dario, neogenitore con la compagna e collega Simona Marrazzo della piccola Fiammetta (alla quale già aveva dedicato le nenie d’autore di “Baby Cip!”), per festeggiare i due anni del sensazionale quinto album, ha realizzato in modo ostentatamente casalingo, cinque hit “estemporanee”, che in realtà tutto sono tranne che prodotti arrangiati da lockdown.
Un titolo che gioca sull’inglese per alludere a un prodotto di qualità economica, copia malriuscita del pettirosso simbolo del primo disco, e un lancio sui social e poi sulle piattaforme digitali in puro stile brunoriano, con il cantautore che mandava i pezzi con battute one-shot in “buona la prima” per sfottere, come lui stesso ha ammesso rivendicando una “sana cialtroneria”, i tempi biblici e le paranoie intellettuali nella gestazione dei dischi seri.
Invece quelle canzoni scritte durante le vacanze natalizie ed eseguite da solo, con la chitarra e strumentazione all’osso, sono davvero belle: da “Yoko Ono”, sulfureo attacco al patriarcato e ode a forza e talento delle donne (non potrebbe essere diversamente soprattutto ora, con una figlia femmina); a “Ode al cantautore”, dove Brunori prende un po’ in giro la categoria, tra cloni del passato e bastioni culturali vetusti; il poetico “Il giallo addosso”, dedicato ai bambini che crescono nei tempi più incerti dell’umanità; “Italiano latino”, che utilizza ritmi sudamericani e inserti di comico slang italico per fare satira sui fascismi; e “Figli della borghesia”, splendida ballata che si fa manifesto di una generazione di mezzo vittima dei suoi status symbol, pigra e infantile, irrimediabilmente immatura e perduta: “Inadeguati al vivere moderno/Sempre incazzati con il Padreterno/E siamo liberi di fare tutto quello che ci pare/Anche se quello che ci pare in fondo/Nessuno sa cos’è”
«Sedici minuti che vi cambieranno la vita in peggio», aveva minacciato simpaticamente Dario Brunori ma il suo pubblico non la pensa così promuovendo dallo streaming al vinile il disco più punk dell’artista cosentino. Una gioia in un momento felice di celebrazioni che comprendono il quinto compleanno di “A casa tutto bene”, a cui però purtroppo fa da contraltrare la notizia che il tour, ormai per il secondo anno, resta fermo (in Calabria è in programma un attesissimo concerto a Reggio). Prima il virus, ora la guerra. Parafrasando “Yoko Ono”, anche la musica, come tutto il resto, potranno forse salvarla le Fiammette di domani: “Chissà come sarebbe il mondo/Se qualche maschietto scendesse dal trono/Il destino della donna è il destino della terra/Calpestata da millenni da maschietti sempre in guerra”.
Isabella Marchiolo