“Oggi è il giorno della strage di Capaci ma anche il giorno dei ‘gattopardi’, delle persone potenti e importanti che quando Falcone era in vita, lo hanno deriso, calunniato e diffamato e poi sono saliti sui banchi a commemorare Falcone perché purtroppo i morti non possono parlare, non si possono difendere”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a cui verrà conferito un dottorato honoris causa in Marketing e law da Univpm e la cittadinanza onoraria di Ancona dal Comune, in occasione della Giornata della Legalità, parlando agli studenti dell’Università Politecnica delle Marche e a oltre 800 ragazzi video-collegati.
“Però – ha aggiunto Gratteri – sta a noi vivi difendere memoria e onore dei morti. E’ insopportabile, sono stato testimone oculare, ho visto salire su un palco dopo di me e commemorare Falcone e Borsellino, e in vita ridevano. Vorrei – ha detto ancora agli studenti – che queste manifestazioni antimafia e queste commemorazioni le guardaste con occhio critico, servono soprattutto a quelli che devono lavarsi la coscienza per non aver fatto quello che avrebbero potuto e dovuto fare fare. Noi vivi, se riteniamo di essere onesti, dobbiamo avere coraggio, a costo di dispiacere il manovratore, a costo di dispiacere il potere, di criticare”.
“Mai come in questo caso – ha detto ancora – il silenzio è complicità: non basta essere onesti, non basta pagare tasse o fare il proprio lavoro, dobbiamo prendere posizione e, in modo democratico, contestare e protestare in modo sistematico senza se e senza ma. Altrimenti non andremo da nessuna parte e faremo solo stanchi riti di commemorazione”.
Gratteri ha anche ricordato quei momenti: “Del 23 maggio 1992 – ha detto – il mio ricordo è di aver ascoltato alla radio un dramma subito dopo essere uscito dal carcere di Bologna ‘Dozza’, ricordo che quel giorno è stata una cosa traumatica e inaspettata, anche perché Falcone era a Roma, era uscito dalla “prima linea”, anche se a Roma stava facendo cose molto importanti perché contribuiva a fare delle modifiche fondamentali per contrastare le mafia. «Però non ci si aspettava quella strage e con quelle modalità, – ha ammesso Gratteri magistrato in prima linea contro la ndrangheta, a sua volta sotto scorta così come la sua famiglia -, sarebbe stato più facile uccidere Falcone a Roma visto che aveva una scorta meno imponente, meno stringente rispetto a quella che aveva in Sicilia”.