Frizzante come un’acqua tonica, ma al gusto di caffè: dopo essere approdata sul mercato negli anni ’80, la bevanda calabrese Brasilena ha fatto rapidamente breccia nel cuore degli appassionati di soft drinks. Un successo inizialmente limitato al sud Italia (in larga parte Calabria, poi anche in Puglia, Sicilia e Campania) e oggi sbarcato perfino all’estero; sembra infatti che americani, cinesi e australiani abbiano manifestato un discreto interesse nei confronti di quest’effervescente zuccherina (forse troppo zuccherina tanto che una versione ‘zero’ non sarebbe una cattiva idea), resa stuzzicante dalla combinazione esplosiva di aromi estratti dal caffè. E intanto il prodotto è diventato nella regione un fenomeno sociale: “vediamoci domani per una Brasilena” sostituisce il classico italiano “vediamoci per un caffè”, specie dopo una cert’ora: quando è troppo tardi per la tazzina e troppo presto per un aperitivo alcolico.
A produrla non è una multinazionale, come si potrebbe pensare, ma una piccola società situata a Monte Covello, in provincia di Catanzaro: Acqua Calabria. Quando (e come) ha iniziato quest’azienda imbottigliatrice di acqua minerale a lanciare sul mercato la Brasilena?
Brasilena: la storia della bibita al caffè calabrese
Scopriamo che la ricetta della Brasilena è più antica della stessa Acqua Calabria. “Anni prima che nascesse la nostra azienda mio nonno aveva un piccolo emporio, dove preparava alcune bibite con le materie prime vendute singolarmente“, racconta il proprietario dell’attività, Cesare Cristofaro. “Ad esempio, comprava il caffè crudo e lo tostava in sede. Un giorno ha pensato di infonderlo in acqua frizzante, ottenendo una bevanda per dissetare i clienti che chiamava semplicemente “gazzosa al caffè”. A differenza di altri prodotti che aveva già ideato, come l’ARANsud e la LIMONsud, questo era decisamente innovativo”. Negli anni ’30, però, l’imbottigliamento dei drink seguiva regole diverse da quelle odierne: i prefetti della provincia, infatti, rilasciavano autorizzazioni in base alla popolazione locale, e Girifalco – paese d’origine della famiglia Cristofaro – aveva pochi abitanti. In quel periodo, quindi, il nonno di Cesare era costretto a vendere la sua gazzosa sfusa, senza poter registrare alcun marchio.
Acqua Calabria e il marchio Brasilena
Tutto è cambiato dopo la Seconda Guerra Mondiale, “perché molte piccole aziende rischiavano di chiudere, quindi le autorizzazioni si sono via via allentate. Nel frattempo, è sorto l’obbligo di indicare il nome del proprietario e la lista degli ingredienti in etichetta”, spiega Cesare. “Paradossalmente, la scarsità di finanziamenti per procurarsi bottiglie e stampare etichette ha portato al fallimento molti piccoli artigiani calabresi, che fino ad allora non si erano posti il problema del confezionamento”.
brasilena-marchio
I Cristofaro hanno tenuto duro e negli anni ’60 il padre di Cesare ha aperto una fabbrica specializzata nell’imbottigliamento di bevande, registrando per la prima volta il nome “Brasilena”. Voleva, però, che il drink contenesse ingredienti di qualità con caratteristiche specifiche: per questo, negli anni ’70, l’azienda ha iniziato a inserire nella bibita al caffè (e ad imbottigliare separatamente) un’acqua oligominerale calabrese. “Nell’ottantadue lo stabilimento è stato riaperto in una sede più ampia, che ci permette di realizzare varie bevande: oltre all’acqua e alla Brasilena al caffè, anche quella al limone, che somiglia più a una gazzosa”.
Ingredienti e packaging del soft drink calabrese
Brasilena è abbastanza democratica: i consumatori coprono tutte le fasce d’età, anche se la zona di maggiore diffusione rimane il sud Italia. Ma a cosa è dovuto il successo di questa semplice bevanda al caffè zuccherata? “Forse viene apprezzata proprio per la versatilità: è dissetante e può essere bevuta da sola o usata per realizzare dei cocktail. La ricetta prevede solo aromi naturali estratti dal caffè, messo in infusione nella nostra acqua oligominerale. Lo acquistiamo da un fornitore calabrese, che ha studiato per noi una specifica miscela”. Chiaramente vengono aggiunti anche dei conservanti per il mantenimento del prodotto.
Il packaging, invece, è inconfondibile: la grafica del logo in etichetta ha richiami ai colori e ai dettagli tipici degli anni ’60, proprio per trasmettere l’idea di storicità della bibita (in foto compare il disegno originale). Non solo: “il confezionamento rispecchia l’etica della nostra azienda”, sottolinea Cesare, “da sempre molto attenta all’ecologia. L’80% delle bottiglie è in vetro, mentre le altre vengono confezionate in lattine di alluminio per esigenza di una certa fetta di clientela. Ma preferiamo il vetro, è chiaro, sia per differenziarci che per garantire il riutilizzo del materiale”
Come dicevamo all’inizio, Brasilena ha avuto anche successo fuori dall’Italia. Come ha fatto a conquistare i consumatori oltreoceano? “Anzitutto, in alcuni paesi esteri sono presenti delle comunità calabresi molto attive e radicate, che cercano di mantenere il contatto con la propria terra acquistando prodotti regionali: Brasilena è una bevanda caratteristica, che richiama alla mente i sapori e i profumi della Calabria. Facendola assaggiare agli abitanti del luogo in cui si sono trasferiti, quindi, i calabresi hanno sicuramente contribuito a renderla popolare oltre i confini nazionali. Moralmente, fa piacere constatare che siamo diventati un punto di riferimento anche per gli stranieri”. Ora Cesare sta iniziando a dialogare anche con acquirenti nordafricani che hanno manifestato grande interesse nei confronti di Brasilena, “soprattutto grazie alle comunità marocchine che, negli ultimi anni, sono cresciute rapidamente in Calabria”. Non a caso l’etichetta è stata tradotta in diverse lingue, fra cui anche l’arabo.
Il prossimo obiettivo? “Entrare nell’elenco dei marchi storici. Perché Brasilena è nata in un piccolo emporio calabrese, dall’inventiva di un artigiano. E mio nonno sarebbe stato orgoglioso“.
Fonte Gambero Rosso