«Quindici Comuni sciolti per mafia, dal mio punto di vista, considerato che in Calabria siamo due milioni di abitanti, è un numero spaventoso. Questo vuol dire che la situazione è veramente grave e allarmante». È quanto ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, a seguito dei dati emersi nel corso di un vertice in Prefettura di Catanzaro sul tema delle intimidazioni agli amministratori locali e dello scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose.
In Calabria, infatti, «si conferma al quinto posto nella classifica degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali (54 nel 2019 e 51 nel 2020) con un trend che vede nel primo semestre dell’anno in corso 12 episodi a fronte dei 14 registrati nello stesso periodo del 2020. A questo si aggiunga il dato relativo agli enti locali in atto sciolti per mafia nel 2021, 15» si legge nei dati forniti dal Prefetto di Catanzaro, Maria Teresa Cucinotta.
«L’impatto è pesante – ha detto il Prefetto – anche se la Calabria si colloca al quinto posto sia nel 2019 che nel 2020 a livello nazionale. Questo non ci fa stare tranquilli, se lo associamo soprattutto ai comuni sciolti per mafia che sono anche questi un numero consistente. Quello che dobbiamo dire è che spesso non c’è la denuncia e i numeri sono bassi perché c’è scarsa collaborazione».
«Gli amministratori sono parte del territorio — ha proseguito il Prefetto – e costituiscono l’elemento più a maggiore contatto con la popolazione, quindi ne devono recepire le istanze e devono essere pronti a denunciare laddove le istanze abbiano il carattere di una minaccia all’affermazione della legalità. Ci vuole una forte consapevolezza e una forte presa di coscienza della necessità della denuncia, così come affermato dal Ministro dell’Interno lo scorso anno in occasione della riunione dell’osservatorio nazionale. La Calabria è un territorio fragile che ha bisogno di essere supportato e noi siamo qui proprio per questo».
Gratteri ha sottolineato come «dobbiamo stare attenti a non generalizzare», in quanto «gli atti intimidatori possono avvenire per due motivi: o perché’ si è davvero contro la ‘ndrangheta e il malaffare oppure perché’ durante la campagna elettorale si è sceso a patti, ci si è seduti attorno al tavolo e poi non si è stato ai patti. Appena mi sono insediato, nel 2016, ho previsto un aumento, un’impennata dei Comuni sciolti per mafia e purtroppo la storia mi ha dato ragione».
«Bisogna saper leggere e analizzare i numeri – ha spiegato –: se la Calabria è quarta o quinta come atti intimidatori, o prima o seconda per scioglimento di Comuni, non vuol dire nulla se non lo si rapporta al numero degli abitanti. La Calabria è un terzo di Milano, non della Lombardia, quindi parlare di 15 Comuni sciolti per mafia, dal mio punto di vista, considerato che in Calabria siamo due milioni di abitanti, è un numero spaventoso. Questo vuol dire che la situazione è veramente grave e allarmante».
Gratteri, poi, ha definito «gravissima» l’assenza dei sindaci all’incontro – che sarà il primo di tanti con soggetti e rappresentanze della società civile, in particolare il mondo della scuola – «vuole dire che non voglio andare, perché’ non stimo, non mi sento rappresentato».
«Penso che nessuno dei sindaci, quantomeno del Distretto di Catanzaro – ha aggiunto Gratteri – quindi tre quarti della Calabria, può dire di aver bussato e di non essere ascoltato. Al tavolo oggi ci sono tra i migliori uomini dello Stato, a parte me, gente di altissimo profilo, molto considerati, dal ministero dell’Interno, dal ministero delle Finanze, dal ministero della Difesa».
«Quindi – ha evidenziato – non ci sono alibi per nessuno, bisogna finirla di piangersi addosso, di fare vittimismo. Se non si ha il coraggio, dato che il coraggio non si vende al supermercato, non ci si mette ad amministrare. Ci sono un sacco di sindaci onesti, perbene, che sono vittime della mafia e si sono scontrati a muso duro contro la mafia, e meritano rispetto, aiuto e consulenza”. Secondo Gratteri, dunque “c’è ancora tanto da fare, perché’ vecchie gestioni, gestioni padronali, gestioni con mentalità feudali ancora resistono e sono forti in Calabria. È nostro compito spiegare che quella filosofia di vita, di gestione della cosa pubblica non conviene più».