Centinaia di milioni di persone subiscono discriminazioni nel mondo del lavoro. Questo fenomeno, complesso ed estremamente preoccupante, non solo viola i diritti fondamentali, ma ha anche conseguenze notevoli dal punto di vista economico e sociale. Le discriminazioni soffocano le opportunità, sprecano il talento umano necessario per il progresso economico, e accentuano le tensioni sociali e le disuguaglianze.
Nonostante i progressi sperimentati negli ultimi anni, le discriminazioni contro le donne e il divario di genere nel mondo del lavoro persistono ancora in molti paesi del mondo. Da quando la crisi innescata dalla pandemia da coronavirus ha iniziato ad essere misurata e quantificata, evidenzia Sebastiano Guzzi (nel fotino), Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi, in certi contesti anglofoni si è cominciato a parlare di Shecession, per indicare come siano state le donne, le principali vittime di questo disastro economico. Loro, più di tutti gli altri, hanno subito, in modo incisivo, gli effetti sociali ed economici post pandemici.
L’emergenza Covid, continua Guzzi – ha amplificato, ovunque, la disparità tra lavoratrici e lavoratori, con una disoccupazione femminile che in pochi mesi risulta più che triplicata rispetto a quella che interessa gli uomini. Le conseguenze della pandemia hanno acuito le disuguaglianze, in particolar modo quelle di genere, e messo in luce come le situazioni precarie siano diventate ancora più evidenti e più fragili. L’emergenza sanitaria e le sue implicazioni economico-sociali hanno esasperato le disuguaglianze, penalizzando, notevolmente le donne. Il 2020, anno dello scoppio della pandemia, il tasso di occupazione femminile è sceso infatti al 49% dopo che nel 2019 aveva superato per la prima volta la soglia del 50%.
“L’analisi dei divari tra uomini e donne evidenzia come la crisi generata dalla pandemia abbia avuto effetti differenziati in base al sesso”. Lo dice la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra, la quale sottolinea “Rispetto alle crisi precedenti, l’impatto di quella pandemica è stato particolarmente negativo sulle donne: si è tradotto non solo in una significativa perdita di posti di lavoro in settori dominati dalla presenza femminile, ma anche in condizioni di lavoro peggiori, in una accresciuta fragilità economica e in un conflitto vita-lavoro ancora più aspro del passato”.
Ebbene sì, a pagare il prezzo più alto, sono state le donne. Soprattutto le madri. «Questi dati drammatici, rimarca Guzzi, che evidenziano una discriminazione nella discriminazione, necessitano di soluzioni immediate e definitive. Bisogna uscire da questa impasse e fare in modo che il 2022 sia un anno di ripartenza per l’occupazione e la leadership femminili. In che modo? Sicuramente, sottolinea Guzzi, attraverso politiche di promozione e di sostegno. E’ necessario, conclude, promuovere la giustizia sociale e tutte quelle opportunità che consentono di ottenere un lavoro dignitoso in condizioni di libertà, di equità, di sicurezza e soprattutto di dignità umana.
(c.s.)