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domenica, 24 Novembre, 2024
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Covid, la Calabria ancora prima in Italia per percentuale posti letto occupati nei reparti di “area non critica”

La Calabria con il 34% è la Regione italiana con la percentuale maggiore di posti letto nei reparti ospedalieri covid di “area non critica”. Lo certificano i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) del 27 marzo 2022.

A livello nazionale la percentuale è ferma al 14% (esattamente un anno fa era al 43%) ma nelle ultime 24 ore cresce in 10 regioni e in 6 supera il 20%: Calabria (34%), Umbria (32%), Basilicata (29%), Sicilia (25%), Marche (22%), Puglia (21%).

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L’occupazione delle terapie intensive, invece, è ora stabile al 5% in Italia a fronte del 40% raggiunto esattamente un anno fa, ed è sotto il 10% in tutte le regioni.

Nel dettaglio, in base al monitoraggio quotidiano, l’occupazione dei posti nei reparti ospedalieri di area medica (o ‘non critica’) da parte di pazienti con Covid-19 cresce in 10 regioni o province autonome: Calabria (34%), Friuli Venezia Giulia (11%), Lazio (18%), Pa di Bolzano (12%), Pa Trento (10%), Piemonte (9%), Sicilia (25%), Toscana (16%), Umbria (32%), Valle d’Aosta (10%). E’ stabile nelle restanti 11 regioni: Abruzzo (al 20%), Basilicata (al 29%), Campania (16%), Emilia Romagna (11%), Liguria (15%), Lombardia (9%), Marche (22%), Molise (16%), Puglia (21%), Sardegna (20%) e Veneto (8%).

Sempre a livello giornaliero, l’occupazione delle terapie intensive da parte di pazienti con Covid-19 cresce in 7 regioni: Calabria (10%), Friuli Venezia Giulia (3%), Lazio (8%), Liguria (5%), Puglia (7%), Sicilia (8%), Toscana (6%), mentre cala in Abruzzo (al 7%), Piemonte (3%) e Umbria (3%). In Valle d’Aosta (0%) variazione non disponibile. E’ invece, stabile in 10 regioni o province autonome: Basilicata (3%),Campania (7%), Emilia Romagna (4%), Lombardia (2%), Marche (4%), Molise (0%), Pa Bolzano (4%), Pa Trento (2%), Sardegna (9%) e Veneto (2%).

“Se continuiamo con circa 100-150 morti al giorno, arriveremo in un anno a 60.000 decessi, collocando il Covid come prima causa di morte in Italia”. E questi morti “non sono giovani non vaccinati, ma per lo più anziani su cui il vaccino non ha avuto efficacia”. Quindi possiamo ridurlo “solo proteggendo i fragili dal contagio”. Lo ha detto Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, ad Agorà, su Rai 3 che invita a prevedere “un buono tamponi” per testare chi è a contatto stretto con loro.

Il vaccino, ha precisato, “ha diminuito la probabilità che un anziano sviluppasse una forma grave ma permette una copertura contro la trasmissione molto bassa, che dopo tre mesi cala al 30%, anche se prosegue per le complicanze di malattia. Nel frattempo, però, abbiamo un virus che ha un indice di trasmissione altissimo, pari al morbillo, con il quale tutte le misure di distanziamento sociale non funzionano”. Questo significa che “bisogna proteggere i fragili dal contagio”, perché “i 120-150 morti al giorno non sono no vax ma, nel 95% dei casi, sono fragili e vaccinati, questo significa che l’obiettivo è diminuire le possibilità di contagio di queste persone, innanzitutto facendo la quarta dose. Ma questa non deve essere un alibi, perché gli immunocompromessi possono non reagire neanche a 7 dosi”.

Quindi, ha concluso Crisanti, “se un fragile lavora, deve avere lo smartworking e revocarlo per tutti è sbagliato”. Se il fragile è un anziano e sta a casa, “si infetta quando parenti e badanti vanno da lui”, quindi per incentivare queste persone a testarsi, “bisognerebbe prevedere dei buoni per fare un tampone molecolare”.

FonteAnsa

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