“La sconfitta del ddl Zan è una vittoria di civiltà, contro una legge che il signor Zan tentava di far approvare a suo imperituro ricordo, uno che voleva passare alla storia per una norma con il suo nome, nulla di più”. Intervistato dall’AdnKronos, l’ex governatore della Calabria, il leghista Antonino Spirlì, detto Nino, è molto soddisfatto per lo stop alla legge Zan, con la tagliola scattata in Senato mercoledì scorso. Il fedelissimo di Salvini in Calabria non ha mai nascosto la sua avversione – da omosessuale dichiarato – alla ‘lobby frocia’, “a cui avrei dovuto appartenere io, la lobby che ti impedisce di chiamare le cose con il loro nome, di dire ‘ricchione’ e ‘negro'”, come affermò dal palco leghista di Catania, nell’ottobre del 2020, scatenando una bufera.
“Io – aveva aggiunto dalla Pontida del Sud – utilizzerò queste parole fino all’ultimo dei miei giorni, come il termine ‘frocio’. Cosa fanno: mi tagliano la lingua?”. E ora gongola: “Gli italiani hanno scelto di non tagliare la lingua agli italiani, le parole fanno male come una lama quando sono lame, non in quanto parole”. “Io – rivendica il 59enne ex berlusconiano, Reggino di Taurianova – posso continuare a usare termini come ‘frocio’ e ‘ricchione’, me lo dice ora pure il Parlamento e il popolo, rappresentato da chi ha votato no a questa legge”. “Erano loro che volevano creare un ghetto sociale per gli omosessuali – accusa – un recinto molto più volgare della parola ‘ricchione'”. “Il no al ddl Zan è stato votato anche dal centrosinistra, non è un sordo no del centrodestra, siamo di fronte a una scelta condivisa dal popolo italiano”, assicura Spirlì. “Il Parlamento – sottolinea – mi dice che le parole non devono far paura”.
“Ci sono dei modi di dire che possono sembrare violenti – argomenta il successore alla ‘Cittadella’ di Jole Santelli – ma in realtà non lo sono. Ad esempio, a Roma ‘li mortacci’ è un intercalare frequente, un mezzo respiro tra una frase e l’altra, ma nessuno si permette di offendere i defunti dell’altra persona”. Quelle parole, dice riferendosi a ‘frocio’, ‘ricchione’, ‘negro’, “sono una spontaneità che se prese nella giusta misura non offendono nessuno, altrimenti dovremmo tacere sempre e non è possibile”.
Gli omosessuali devono coltivare di più i rapporti con chi omosessuale non è”, avverte Spirlì. “La paura e la preoccupazione e la distanza devono essere colmate, dobbiamo essere tutti quanti in santa pace, così come si è”. La parola ‘frocio’ allora non è una offesa? “Io mi sento offeso a essere messo in una categoria, i ghetti sociali sono quelli che allontanano, se creiamo ‘specialità’ allontaniamo gli uomini dagli uomini, e questo non può funzionare”, conclude il leghista calabrese.
Francesco Saita
(Adnkronos)