Stop alla decontribuzione per i lavoratori del Sud. Il governo non intende rinnovare lo sgravio sul costo del lavoro che vale 3.3 miliardi di euro all’anno e che interessa oltre tre milioni di dipendenti. La misura, un esonero contributivo per i lavoratori dipendenti del settore privato del 30% per le aziende con sede nel Meridione, doveva in origine durare fino al 2029. Con l’esonero che doveva scendere al 20% per il 2026 e 2027 e al 10% nel biennio 2028-2029. Secondo quanto riferito dal Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ai sindacati la decontribuzione non sarà rinnovata e verrà quindi superata da luglio. Restano le misure del decreto Primo Maggio ma come segnalato dalle opposizioni si tratta di misure solo per alcune categorie dai giovani alle donne. Una platea quindi molto ristretta.
Dure le reazioni delle opposizioni. «Il governo Meloni opera l’ennesimo taglio nei confronti dei cittadini e delle imprese del meridione. Lo stop alla decontribuzione, misura creata dall’ex ministro Giuseppe Provenzano, avrà infatti effetti devastanti». Così il deputato e responsabile Sud della segreteria nazionale Pd Marco Sarracino. «Con lo stop alla decontribuzione sono a rischio tre milioni di contratti, e la cosa incredibile è il silenzio degli amministratori e dei presidenti di regione della destra che assistono inermi a tutto ciò. Si tratta dell’ennesima `truffa´ ai danni del Sud», ha aggiunto.
Dice il presidente del M5s Giuseppe Conte: «Questo governo sta schiaffeggiando il Sud. La misura Decontribuzione Sud ha consentito assunzioni tra il 2021 e il 2023 nel Sud, in aree svantaggiate, di circa 3,7 milioni di lavoratrici e lavoratori. Il Sud è già svantaggiato per infrastrutture, servizi e questa misura che il governo ha cancellato adesso è una misura necessaria».
(Fonte: corriere.it)