(Adnkronos) – "La morte di Desirèe Mariottini’’ è sopraggiunta "a conclusione di una lunga sequenza di eventi criminosi, che si sviluppava lungo diverse ore, nella quale le condotte relative alla somministrazione delle sostanze stupefacenti ingerite dalla vittima fin dalla mattina del 18 ottobre 2018, che le provocavano l’overdose, si collegavano con le condotte relative alla mancata attivazione dei soggetti presenti nella ‘sala del crack’, dove la minore era stata lasciata agonizzante su un letto senza essere soccorsa’’. E’ quanto scrivono i giudici della Cassazione nelle motivazioni della sentenza dello scorso 20 ottobre del processo per la morte di Desirée Mariottini, la 16enne originaria di Cisterna di Latina, deceduta a causa di un mix di droghe, dopo essere stata abusata in un immobile abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo a Roma. I supremi giudici della prima sezione penale in particolare avevano fatto cadere alcune delle accuse nei confronti dei quattro imputati, disponendo un Appello bis per Mamadou Gara, condannato all’ergastolo, in relazione all’accusa di omicidio, per Brian Minthe, condannato a 24 anni e mezzo in appello, in relazione all’accusa di cessione di stupefacente, per cui è caduta anche un’aggravante, e per Yousef Salia, condannato all’ergastolo, per il quale era caduta l’accusa di violenza sessuale. "E’ incontroverso che gli imputati erano a conoscenza della condizione di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire, essendo stata l'overdose provocata dalla reiterata somministrazione di sostanze stupefacenti – tra cui metadone, cocaina ed eroina – avvenuta all'interno di locali in cui erano presenti’’ gli imputati, "che erano nella disponibilità di Salia, Minteh e Alinno, i quali, sia pure abusivamente, li abitavano’’ si legge nelle 58 pagine di motivazioni. "Tale consapevolezza – sottolineano i supremi giudici – è ulteriormente dimostrata dal fatto che, dopo che la minore era stata violentata nel container ed era precipitata in uno stato di incoscienza, Salia, Minteh e Alino tentavano di rianimarla, schiaffeggiandola, versandole acqua sul viso e facendole ingerire una miscela di acqua e zucchero, fino a quando, resisi conto di non essere in grado di farla riprendere, la lasciavano agonizzante sul letto della stanza dove veniva trovata priva di vita’’. Quanto all’accusa di omicidio, caduta per Mamadou Gara, difeso dall’avvocato Ilaria Angelini, per i supremi giudici non è accertato che l’imputato stesse sul posto quando la minore è morta. "Sul punto la sentenza impugnata’’ non sembra "fare opportuna chiarezza – affermando che Gara si allontanava dall'edificio abbandonato in concomitanza con il trasporto del corpo della vittima dal container, dove era stata violentata, alla ‘sala del crack’ dove veniva adagiata esanime su un letto. Ne consegue – concludono i supremi giudici – che nella parte conclusiva della serata del 18 ottobre 2018, nella quale si sarebbero concretizzate le condotte omissive, qualificate da un obbligo di attivazione, Gara sembrerebbe essersi allontanato dall'immobile senza più farvi ritorno, non partecipando alle fasi concitate che precedevano la morte della minore, verificatasi tra le ore 23.50 del 18 ottobre 2018 e le ore 0.50 del giorno dopo’’. —[email protected] (Web Info)
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