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venerdì, 22 Novembre, 2024
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Duro scontro dei cattolici sui manifesti contro l’aborto rimossi a Reggio dal sindaco Falcomatà

Come promesso, il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà questa mattina ha rimosso i manifesti antiabortisti dell’associazione onlus Pro Vita e Famiglia, scomparsi sotto i rulli degli operai comunali incaricati dell’operazione. Un atto coraggioso quello di Falcomatà, che non ha esitato a prendere una decisione legalmente sanzionabile per esprimere la ferrea opposizione del comune reggino ai messaggi aggressivi veicolati dalla campagna dei familisti (“il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta”).
Eccetto l’ovvio dissenso istituzionale dell’arcidiocesi di Reggio-Bova, il generale aspro dibattito che si è scatenato nella città dello Stretto dopo l’iniziativa del sindaco sembra bloccare la città a quarant’anni fa, quando l’aborto era ancora un reato. Oggi – giova ricordarlo continuamente – non è più così, ma le prese di posizione registrate a Reggio in queste ore dimostrano come, sul piano etico, l’aborto continui ad essere etichettato come crimine, mentre appare lecita ogni affermazione, anche la più becera, volta a dissuadere chi compia questa scelta.
La reazione più eclatante è quella di Avvenire di Calabria: nel numero di domani, per protesta, stamperà a pagina 12 il manifesto oscurato e nella prossima edizione annuncia un dibattito sui contenuti della campagna. Il direttore, don Davide  Imeneo, che è pure a capo dell’ufficio comunicazione della curia, è noto per la sua storica crociata contro l’amministrazione Falcomatà con numerose prime pagine sparate soprattutto sul tema rifiuti. Sulla cancellazione dei cartelloni contro l’aborto scrive che l’iniziativa di Avvenire è volta a dire no “a una censura inaccettabile”. L’hashtag d’occasione scelto è #resistenzaculturale. Vasto plauso a lui sui social: qualcuno con personalità nostalgica invita persino ad esporre alla finestra la pagina dove sarà riproposto il manifesto di Pro Vita. L’iniziativa di Avvenire di Calabria è approvata anche dai Padri Minimi del Santuario Regionale di San Francesco di Paola.
Sempre su Facebook, la Colonia Sant’Antonio Aspromonte tuona: “E’ l’ennesima offesa alla chiesa reggina” e davanti alla grave onta, senza timore del Covid, lancia una manifestazione in piazza dei cattolici reggini, con tanto di messa solenne nel Duomo (forse per pregare in espiazione del peccato del sindaco e di chi la pensa come lui – ndr). 

Creativo è poi don Domenico Rodà, parroco della chiesa Santa Maria delle Grazie di Lazzaro, che si affida alla propria abilità artistica con un dipinto che immagina sul lungomare un cartellone dove un bimbo fa capolino da un manifesto bianco strappandolo. E cita Einstein: “Due sono due modi di vivere la vita. Uno è pensare che niente è un miracolo. L’altro è pensare che ogni cosa è un miracolo”.

Il Centro Aiuto alla Vita di Reggio, stigmatizzando Falcomatà, dedica invece attraverso Enza Crea, l’unico solitario pensiero alle donne di tutto il dibattito: “Triste quella società che non aiuta la vita perchè non ne garantisce il sostentamento”. Un commento che, per lo meno, non collega la scelta di avere un figlio a un obbligo morale e riconosce la difficoltà materiale di farlo per molte donne. Dello stesso tenore è l’intervento del Forum Famiglie Calabria, il cui presidente Claudio Venditti, respingendo la decisione di Falcomatà ricorda “le donne che chiedono di abortire per le difficoltà a portare a termine la loro gravidanza ma che, se debitamente aiutate, potrebbero realizzare il loro diritto a diventare madri”. Continua Venditti: “Sono tanti i problemi che una donna in attesa di un figlio incontra, e la scelta dolorosa di abortire genera spesso drammi che ci si porta dietro tutta la vita. Le istituzioni, a partire da quelle comunali, devono occuparsi di tutti e non soltanto di una parte. Perché non vengono messe in atto politiche reali di tutela della maternità anche e soprattutto nei posti di lavoro?”

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024
Il vero nucleo della polemica scoppiata attorno al caso dei manifesti rimossi è legata a doppio filo alla politica. I cattolici reggini hanno sempre costituito un serbatoio importante di voti per i vari amministratori, e per Giuseppe Falcomatà non è stato diverso. Adesso nell’ambiente della chiesa si grida al tradimento (su Facebook c’è chi ha definito il sindaco un “comunista travestito da democratico” che nella domenica di Carnevale ha gettato la maschera).
Sulla querelle si è espresso Giuseppe Marino, consigliere comunale e metropolitano votatissimo dalla componente cattolica. “Sono convinto – ha scritto Marino su Facebook – che la Vita rappresenti il dono più grande che va tutelato sempre. Secondo il mio punto di vista, da cattolico, una vita può essere sacrificata soltanto per salvarne un’altra. In ogni caso, sono profondamente rispettoso dell’altrui pensiero e delle libertà fondamentali. Prima fra tutte la libertà di manifestazione del pensiero sancita dalla nostra Costituzione. Per questi motivi, personalmente non avrei fatto rimuovere i manifesti della campagna stop-aborto. Penso sia più utile aprire un dibattito in città, soprattutto con i giovani, anche per aiutare i nostri ragazzi a capire che le idee degli altri possono non essere condivise ma vanno rispettate”.
A proposito di giovani, tra l’altro, il posizionamento dei manifesti incriminati è stato strategico, davanti a molte scuole – marketing tipico dei Pro Life con i loro spregiudicati camion-vela giganti di effetto choc.
Sul pensiero di Marino concorda in toto Giuseppe Sera, ex consigliere comunale di centrosinistra (candidato al consiglio metropolitano sconfitto e oggi un po’ meno amichevole verso il sindaco, che pure aveva sostenuto alle scorse elezioni con una lista di peso). Rispondendo proprio a Sera su Facebook, Michela Calabrò, presidente dell’Arcigay reggina ed ex presidente commissione pari opportunità del Comune di Reggio, denuncia di aver ricevuto insulti per la sua approvazione verso il gesto di Falcomatà: “Anche questa è libertà di espressione? Io credo che chi ha l’onore di guidare una città ha l’obbligo di prendere scelte coraggiose, spesso impopolari. E se è vero che esistono valori e idee diverse è altrettanto vero che esistono valori universali e diritti riconosciuti sulla quale non ci può essere libertà di opinione. Io oggi non potrei mai dire “che la schiavitù delle persone nere è stata giusta”, difendiamo la libertà di espressione ma solo se non offende la libertà e la dignità delle altre e degli altri”. Sulla sua bacheca, aggiunge: ” In quei manifesti, in maniera celata si offende la dignità anche di tante donne che hanno abortito a seguito di uno stupro o per altre terribili motivazioni”.
A fronte di tanto subbuglio cattolico, va detto che uguale passione non si è registrata nel centrosinistra, dove cautamente ci si è limitati a ripostare le parole di Falcomatà senza nessuna dichiarazione ufficiale.

Pro Vita e Famiglia, che già ieri aveva risposto a Falcomatà ricordando come i manifesti fossero stati aitori, oggi ritorna a bomba con una lettera aperta dove anticipa un’azione legale contro il primo cittadino di Reggio: “Caro sindaco di cosa ha paura??? Che le donne sia informate su cosa sia l’aborto? Certamente non potrà fermare il nostro impegno a favore della #vita come non potrà fermare le ormai migliaia di condivisioni sui vari social tanto che ormai il nostro manifesto e il suo messaggio pro-vita sono sulla bocca e sui cellulari di tutti! Ci vedremo presto in Tribunale, quando dovrà spiegare le ragioni della sua intolleranza ideologica! Magari, caro sindaco, a sua difesa chiederà al magistrato di mandare tutti i pro-life e coloro che la pensano diversamente da lei al confino o in un gulag?”
Probabilmente non sarà Falcomatà l’unico imputato, visto che la reazione degli amministratori e della società civile è stata dello stesso segno anche in altre città italiane.
Isabella Marchiolo

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