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domenica, 24 Novembre, 2024
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“Ecco perché l’ospedale di Lamezia non può surrogare il S.Anna Hospital”

Lungo ed articolato intervento tecnico del direttore sanitario del S. Anna Hospital di Catanzaro dott. Soccorso Capomolla che, tirato in ballo, mette in comparazione mezzi e requisiti della struttura con quelli dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme.

 

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

“Senza alcuna vena polemica ma solo per amor di verità replichiamo all’articolo firmato dai sindaci e da associazioni del Lametino.

Nessun intervento a gamba tesa; nessuna disperazione, concorro al management di una azienda accreditata con il SSN che per vicende diverse, vive un momento di crisi, sostenuto da cortocircuiti istituzionali- scrive Capomolla –  In tale scenario la coerenza etica, morale e professionale impone un esercizio critico della vicenda per valutare per valutare e scegliere le tecniche più consone alla risoluzione delle criticità, garantendo, parimenti, gli elevati standards di qualità delle prestazioni.

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Il Sant’Anna, ormai da sei mesi, nel perimetro della legge, forte dei suoi numeri e del ruolo, che ha giocato nell’ambito della Sanità Calabra, sta cercando il proprio spazio strategico d’azione; in particolare dopo l’inchiesta giudiziaria, ha rinnovato il management, ha ridisegnato i processi, ha ottemperato alle norme, ha riscontrato la ripresa del processo d’accreditamento, in stallo da cinque anni per l’inerzia burocratica, ha ottenuto il rinnovo dell’accreditamento istituzionale.

Il groviglio difficile a districarsi è stato ed è il ruolo degli attori manageriali nelle istituzioni pubbliche, nella fattispecie struttura commissariale prefettizia dell’ASP e Prefetto di Catanzaro. In particolare la terna commissariale, ha disatteso il DCA 24/2021, che disciplina i compiti generali e specifici della commissione prefettizia; non ha osservato la scadenza del 31.03.2021, quale termine per la firma contrattuale con le aziende ospedaliere private accreditate, come previsto dal DCA 49/2021, non ha ottemperato al dovere d’ufficio (nessun riscontro a trentatré PEC di richiesta d’incontro istituzionale);

ha dichiarato, in atti pubblici, elementi disallineati con evidenze documentali, si è arrogata funzioni, in difformità al ruolo istituzionale (vendita di prestazioni a ospedali pubblici), assumendo comportamenti ideologici non supportati dalla legge che regola la distribuzione del fondo sanitario regionale, proponendo di sottrarre quote capitarie per delegarle a modelli gestionali pagati per funzione; ha differito un confronto con il management aziendale, nella consapevolezza che tale ritardo avrebbe inciso, come un fendente, sulla sopravvivenza dell’azienda.

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La stessa Terna aziendale, fuori da ogni coerenza con il piano operativo 2019 -2021 del Piano di rientro, con il DCA della rete ospedaliera; con il DCA della rete emergenza urgenza e della rete tempo-dipendente tenta una riallocazione di stabilimenti ospedalieri di propria governance con vision e mission diverse da quelle attribuite dal piano di rientro. E’ appena di questi giorni un articolo  dove si afferma che “L’ospedale di Lamezia è pronto e attrezzato, da solo o anche in convenzione con il policlinico universitario, a fornire tutti i servizi che non dovessero essere attribuiti al Sant’Anna, essendo, di suo, per tanti servizi già attrattivo non solo dell’utenza dell’Asp di Catanzaro, ma anche di quella di Vibo Valentia, e della parte meridionale del tirreno cosentino e di tutta la regione”.

La terna commissariale con una scelta, questa volta oculata, aveva già da qualche tempo programmato e finanziato nell’ospedale di Lamezia l’acquisto di strumenti e l’assunzione di personale che, sotto la capace guida del primario di Cardiologia, è in procinto di fornire all’utenza (non solo lametina, ma di tutta la regione) dei servizi ottimi e d’avanguardia sia nel campo cardiologico sia in quello pre[1]cardiochirurgico”. Lasciando in secondo piano ogni considerazione normativa di programmazione sanitaria, cercheremo di valutare quanto tale ipotesi sia percorribile.

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In questa nostra analisi prenderemo in considerazione: i requisiti, la tecnica produttiva, e i risultati gestionali. Recentemente il Primario della cardiologia del P.O. di Lamezia ha denunciato l’assenza dei requisiti organizzativi, in particolare la mancanza di personale medico, confermata, peraltro, dalla pubblicazione dei dati sul sito, dov’è possibile recuperare complessivamente, per 14 letti cardiologici e servizi e 6 posti Letti UTIC, solo 9 medici; la struttura non è dotata di sala di emodinamica, non è dotata di sala per studi d’elettrofisiologia; è stato appena acquisito un agiografo, ancora non in uso. Le figure mediche professionali non sono sufficienti a organizzare un servizio di emodinamica h 24. La divisione non è ancora dotata di accreditamento istituzionale Dall’analisi del PNE 2020, il P.O. di Lamezia ha gestito 107 infarti (88 NSTEMI, 18 STEMI) e 274 pazienti con scompenso cardiaco.

Nell’Infarto Miocardico Acuto la proporzione di pazienti trattati con PTCA nel ricovero indice e nei successivi 7 giorni e pari al (39,5%; questo significa che solo 4 pazienti su 10 esegue una rivascolarizzazione per via percutanea contro mediamente 7 su 10 in Italia ); 47/107 (44%) non ha fatto PTCA con una mortalità a 30 gg del 10.6%. (https://pne.agenas.it/risultati/tipo1) La mortalità globale, nell’Infarto Miocardico Acuto, a 30 giorni (diagnosi principale), è stata del 4.57%. Per l’infarto Miocardico Acuto, la mortalità a un anno è stata del 17.6% (in Italia 10%) mentre il 19.5% di tali pazienti ha sperimentato eventi cardiaci maggiori ( morte, reinfarto,) a un anno; per quanto attiene lo scompenso cardiaco congestizio la mortalità a 30 giorni è stata del 19.7% (in Italia 10%) ; mentre le riammissioni ospedaliere a 30gg sono state del 16,1% verso il 14% in Italia (https://pne.agenas.it/risultati/tipo1) .

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Tali dati evidenziano alcuni fatti salienti: 1. La cardiologia del PO di Lamezia ha una vocazione verso la cronicità (274/381 (72%) scompenso cardiaco); 2. la gestione delle acuzie è gravata da una discontinuità assistenziale ( poco attivato il sistema Spoke –HUB, nonostante la presenza di ben tre emodinamiche nell’area Centro), che condiziona, nei pazienti con infarto, un’aumentata mortalità e una maggiore incidenza di eventi cardiaci maggiori (morte e riacutizzazioni) nel primo anno dopo l’evento; 3. Anche la fase di instabilità clinica con ricovero dello scompenso cardiaco è caratterizzato da un’ elevata mortalità a 30 gg dall’evento indice. In Sintesi, quello lametino è un modello, che presenta un setting organizzativo-gestionale, incapace d’assorbire l’offerta del Sant’Anna Hospital (1800 interventi di cardiologia interventistica; 585 prestazione di elettrofisiologia; 457 interventi di chirurgia vascolare; 805 interventi cardiochirurgici; complessivamente 3.647 prestazioni ).

La cardiologia del P.O. lametino è un setting che per sua strutturazione non ha assolutamente i requisiti organizzativi, tecnologici, e strutturali per la gestione del “paziente del Sant’Anna”. Non solo, interviene in un bacino di utenza di circa 170.000 utenti che non permette alla struttura una cosidetta “casistica utile per la sicurezza dei processi clinici”. La presunta candidatura nasce più da visioni soggettive ed avulse da dinamiche e risultati gestionali. Concordiamo con i Sindaci della forte potenzialità dell’ospedale Lametino che si deve estrinsicare nella vocazione progettata dalla rete ospedaliera che conferendo un ruolo strategico nel processo della cronicità, consentirebbe una centralità nell’offerta di servizi di prevenzione primaria e secondaria cardiovascolare a livello regionale, garantendo un elevato impatto occupazionale.

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Nessun terrorismo, nessun allarmismo, i dati del Piano Nazionale degli Esiti, sono elementi concludenti di benchmarking che evidenziano ancora una fase di crescita delle competenze professionali e delle sue articolazioni per migliorare l’efficacia dell’intervento e dell’outcome.

In relazione poi alla fatidica sperimentazione pubblico-privato, questa progettualità, in modalità irrituale e non aderente a nessuna norma (art. 9-bis del D. Lgs n. 502 del 1992, introdotto dall’art. 11 del D. Lgs n. 517 del 7 dicembre 1993; art.10 del D. Lgs n. 229 del 1999) e a nessuna esigenza che informa questa tipologia di sperimentazione (Il nuovo testo dell’art. 9-bis prevede che i programmi di sperimentazione, “aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato” siano preventivamente autorizzati dalla Conferenza Stato-Regioni (c. 1) e proposti dalla Regione interessata motivando sia “le ragioni di convenienza economica del progetto gestionale”, sia quelle di “miglioramento della qualità dell’assistenza e di coerenza con le previsioni del Piano sanitario regionale” (c. 2).

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In questo senso la Regione rappresenta uno, se non il principale, soggetto regolatore sul tema che determina le scelte strategiche in merito alle sperimentazioni gestionali.) è stata pubblicizzata dell’ASP nel piano delle performance senza alcuna interazione con il Sant’Anna; non sono riscontrabili ne’ elementi di caduta della qualità dell’assistenza, ne’ tantomeno “ ragioni di convenienza economica del progetto gestionale”; a riprova di tale considerazione si allega la lettera della direzione sanitaria inviata al management dell ASP che puntualmente ha disatteso e non riscontrato. La medicina, non è populismo, è capacità di organizzazione dei processi sanitari, di articolazione delle competenze, di misurazione dei risultati e di analisi degli scostamenti dalla barriera di benchmarking.

Il Diritto alla salute è un diritto economicamente condizionato; il corretto utilizzo delle risorse rende piu’ ampia la platea di accesso alle cure. Solo in questa prospettiva è possibile dare una risposta sanitaria efficiente. Il grafico evidenzia come l’organizzazione per processi nell’unità dipartimentale ha consentito la gestione di una casistica complessa con una efficienza operativa, collocando la struttura SAH nel quadrante con la migliore performance e la maggiore complessità; in sintesi per ogni punto di complessità clinica il Sant’anna, rispetto all’offerta pubblica spende il 25% in meno di risorse; nessun terrorismo psicologico, nessun allarmismo, nessuna voglia di Supervisione” ma lucida analisi per il processo di miglioramento continuo.

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Tali risultati identificano un equo utilizzo della risorsa pubblica. Nessuna disperazione ne volontà a ruolo di supervisore, il management deve saper costruire e investire su relazioni di fiducia piuttosto che su logiche e strumenti di potere, operando sul campo in modo coerente alla norma per guidare il cambiamento in un processo di miglioramento continuo anziché perseguire l’attuazione di un percorso fluido informale ed indefinito e rispondente a logiche di potere.

C’è bisogno pertanto di una maggiore accountability, vale a dire di nuovi meccanismi che innalzino il livello di trasparenza e oggettività dei risultati raggiunti, in una prospettiva di rendicontazione e di verificabilità del risultato della pubblica gestione. Occorre, in questa prospettiva, costruire anche elementi e condizioni di riconoscibilità dell’operato delle aziende sanitarie, basate sul dialogo continuo con i cittadini e le comunità. Per questi ultimi, l’identità del servizio sanitario, in assenza di elementi informativi, è spesso sfumata ed inefficiente e come tale oggetto di critiche. Sempre disponibile ad un intervento pubblico con gli stakeholders, crediamo che ognuno – conclude Capomolla – debba perseguire obiettivi capace di elevare il bene comune e non assecondare logiche campanilistiche”

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