Il nuovo procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, in un’intervista al Fatto Quotidiano ha affrontato vari temi, tra cui il passaggio dalla lotta all’ndrangheta a quella alla camorra. “Il metodo di lavoro e gli strumenti investigativi sono gli stessi. Ovviamente ciascuna organizzazione ha le sue peculiarità. Quando si cambia Ufficio – afferma – occorre colmare un fisiologico deficit di conoscenza sul territorio in cui si arriva. Metterò a disposizione la mia esperienza maturata in altri contesti, confrontandomi con quella dei colleghi”.
Incalzato sulle divisioni del Csm sulla sua nomina, ha risposto affermando di non esserne sorpreso. Ha apprezzato gli interventi basati su dati oggettivi, senza l’influenza di ricostruzioni parziali dell’istruttoria. Riguardo alle accuse, invece, di essere un “magistrato-sceriffo”, Gratteri sottolinea di non aver mai compreso appieno questa definizione. Affermando di aver sempre lavorato nel rispetto del codice legale e che le indagini “show” mirate a ottenere visibilità trovano conferme nelle sentenze di primo grado, in appello e in Cassazione.
Sui suoi rapporti con il centrodestra. “Non sono legato ad alcuno schieramento politico. Non faccio il tifo per questo o quel governo. Il decreto Caivano? Se non si fanno riforme serie per velocizzare i processi e per dare certezza della pena, le cosiddette ‘svolte securitarie’ rimangono sulla carta. Piuttosto – continua l’ex procuratore di Catanzaro – mi aspettavo cambiamenti radicali della riforma Cartabia, visto che gli esponenti di FdI più volte avevano precisato, in campagna elettorale, di non aver votato e sostenuto questa riforma che sta creando solo problemi e una malagiustizia a tutti i livelli”.