Era il 12 giugno 2022 quando gli italiani, chiamati ad esprimere il proprio voto nel referendum che vedeva tra i quesiti anche quello dal titolo “Separazione delle carriere”, si sono espressi non ritenendo necessario, né opportuno, di introdurre una netta separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti. Due anni dopo, fregandosene del voto diretto degli italiani sul punto, il governo Meloni ha approvato uno schema di disegno di legge costituzionale.
Ma nessuno parla più di quel referendum, “che peraltro ha avuto un costo. Il ministro Nordio dice che loro fanno le riforme perché sono stati eletti dal popolo, ma ricordo che il popolo si è già pronunciato su quello che lui ritiene sia ‘la madre di tutte le riforme’. E non è un popolo diverso da quello che ha votato al referendum”. É questa l’osservazione che ha fatto il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri nel corso della trasmissione In altre parole, su La7.
“Il 12 giugno 2022 è andato a votare il 20% dei cittadini – ha detto – quindi l’80% degli elettori ha detto che non è d’accordo su questa riforma. Ora perché si vuole modificare addirittura la Costituzione per una cosa sulla quale i cittadini si sono già pronunciati?“. Secondo il procuratore capo di Napoli la presidente del Consiglio Meloni è “consigliata molto male sulla riforma della Giustizia, anche dal ministro Nordio. Mai avrei immaginato a 66 anni di vedere certe riforme approvate, a partire dalla Cartabia. C’è veramente da rimanere sconcertati da quello che si legge o da come pensano che si possa lavorare nelle procure e nei tribunali”.
E aggiunge: “Molta gente spesso si affolla a dare consigli a chi ha potere, impedendo a chi deve prendere decisioni di guardare la terza o la quarta fila. Questa è una trappola che capita spesso a chi gestisce il potere”.