Negli ultimi anni è enormemente aumentato l’interesse generale verso le Intelligenze Artificiali, che ora suscita grande curiosità non solo tra gli addetti ai lavori ma anche presso il grande pubblico. Tanti gli esempi, dalle AI testuali a quelle di generazioni immagini, ma anche tanti i casi di cronaca, dal luminare che accetta una cattedra all’UniCal alle perplessità degli esperti circa il trattamento dei dati personali operato da alcuni software. Le AI stanno insomma diventando parte del quotidiano e sono già numerosi i contesti nei quali sono operativi, o promettono di diventarlo a breve, differenti software di Intelligenza Artificiale. Uno degli ambiti più interessanti per esempio è nell’ambito della cosiddetta Computer Vision, già di larghissimo impiego in contesti attentamente monitorati legati alla videosorveglianza. Si tratta di software che hanno la capacità di analizzare ed estrarre informazioni dalle immagini o dai video che processano, spesso utilizzando parametri biometrici proprio nell’ambito delle riprese di sorveglianza. Ma non mancano applicazioni molto più comuni, per esempio tramite touchscreen: sono già diffusi software che rendono possibile evidenziare un oggetto e avviare una ricerca sullo stesso, basati dunque sul fatto che il sistema sia in grado di riconoscere l’oggetto evidenziato. Una capacità che, in prospettiva, potrebbe rendere necessario ripensare i sistemi di sicurezza che, come i CAPTCHA, sono basati proprio sul fatto che un eventuale accesso tramite bot si infrangerebbe contro l’incapacità di riprodurre un codice alfanumerico o indicare correttamente le immagini richieste.
Cominciano poi a essere di utilizzo diffuso diversi software riconducibili al ramo dell’AI che si occupa di linguaggio naturale, ossia il contesto che studia la comunicazione con l’utente. Pensiamo agli assistenti vocali, attivi in innumerevoli contesti di customer care: l’AI è in grado di riconoscere gli input vocali dell’interlocutore, interagendo di conseguenza anche riconoscendo l’intonazione di voce. Ma il linguaggio può anche essere scritto, e in questo contesto possiamo pensare ai vari chatbot: anche in questo caso è comune trovarli impiegati nell’assistenza ai clienti, ma in altri esempi i software si rilevano in grado di generare testi decisamente articolati partendo da semplici input di base forniti per iscritto dall’utente, o produrre in tempo reale sottotitoli di una trasmissione in streaming.
Un contesto al quale raramente si pensa è poi quello di giochi e videogiochi, nonostante la sua enorme importanza nello sviluppo delle AI. Il primo esempio non può che essere quello ormai risalente di Deep Blue, il supercomputer sviluppato da IBM per giocare a scacchi e che già nel 1996 si misurò alla pari con lo scacchista Garry Kasparov: del resto gli scacchi sono sempre stati un ottimo banco di prova per le Intelligenze Artificiali, in particolare per via della necessità di ragionamenti complessi e orientati al lungo periodo. Un altro esempio proviene dal mondo del poker, dove hanno cominciato a diffondersi i cosiddetti Solver: in estrema sintesi si tratta di software di AI che, partendo da uno scenario fornito, sono in grado di analizzare un enorme numero di possibili ramificazioni restituendo per ciascuna il valore atteso, ossia un punteggio utile a comprendere la convenienza di una determinata mossa. Evidenti le similitudini tra i “ragionamenti” compiuti dalle due AI, entrambe chiamate a esplorare le tante possibili ramificazioni di una scelta; tuttavia nel poker si tratta di un ausilio utile principalmente a migliorare il proprio gioco, dal momento che è impensabile in una partita vera far vagliare dal software ogni possibile scelta. Le AI trovano applicazione anche in esempi molto più semplici nel mondo del videogioco, per esempio impostando i volti dei personaggi con espressioni adatte a ciò che stanno esprimendo durante un dialogo, o anche solo adattando il gameplay ad azioni precedentemente compiute dal giocatore.
Infine, un altro ambito di particolare interesse è quello relativo alla Data Analysis, e nello specifico nell’analisi predittiva. Si tratta di algoritmi che, attraverso l’analisi di un numero enorme di dati, riescono non solo a identificare modelli e schemi ricorrenti, ma su questa base effettuano anche previsioni. La teoria in questo caso è relativamente semplice: il software che gestisce i dati comprende e identifica schemi e modelli statistici, e grazie al Machine Learning applica tali informazioni a scenari futuri. Il principio a ben vedere è lo stesso che permette alle AI di esplorare le varie ramificazioni di diverse scelte, ma anziché su basi certe in questo caso gli esiti sono basati su informazioni a loro volta processate dal software. Una teoria che ha trovato applicazione anche nel rilevamento di eventuali frodi, dove un elemento estraneo a un modello riconosciuto viene indicato come difformità potenzialmente connessa a una truffa. Insomma, anche in questo caso da una teoria apparentemente astratta si passa a un’applicazione decisamente ben salda nella realtà.