I prezzi sugli scaffali restano gli stessi ma i prodotti costano di più: è la cosiddetta shrinkflation, una strategia ingannevole, ma legale, usata, strategicamente, dalle aziende per camuffare l’inflazione. Ne avevamo già parlato, sottolinea Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi, e ne parliamo ancora affinchè si faccia luce sulla questione e affinchè i consumatori diventino più attenti e più scrupolosi nella scelta dei prodotti da acquistare. L’attività, definita in italiano con il termine sgrammatura, consiste nel mantenere invariato il prezzo della confezione riducendone però il contenuto, contando sul fatto che spesso il consumatore, poco attento e frettoloso, non si sofferma a controllare il prodotto nei minimi dettagli. Il fenomeno, che si potrebbe chiamare riporzionamento, o tout court, rimpicciolimento delle confezioni, è iniziato anni fa nei Paesi Anglosassoni. A lanciare l’allarme, nel 2017, sono stati i tecnici e gli economisti dell’Office for National Statistics, l’Istituto di statistica britannico. Secondo le loro rilevazioni, riportate dal quotidiano “Indipendent”, nei cinque anni precedenti, oltre 2.500 prodotti nel Regno Unito erano stati interessati da una riduzione di peso o di dimensioni, nonostante il prezzo fosse rimasto invariato. Un analogo fenomeno, evidenzia Guzzi, è avvenuto anche in Italia dove, in riferimento al medesimo intervallo temporale, l’Istat ha individuato 7.306 prodotti di 11 categorie merceologiche interessati dalla shrinkflation. Ovviamente il fenomeno non si è ridotto nel tempo, anzi si è diffuso con maggiore rapidità.
Tantissimi i prodotti interessati: la pasta, il dentifricio, le patatine, i fazzoletti, la carta igienica, le bustine del tè, le barrette di cioccolato, i detersivi e tanto altro. Come difendersi da questa truffa? Massimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, come si legge nei vari articoli, ha spiegato che questa strategia, subdola e ingannevole, gioca sul fatto che il consumatore, è sempre molto concentrato sul prezzo ed è difficile che focalizzi l’attenzione su altri dettagli. Per questo motivo è più facile, per le aziende, spiega, decurtare il contenuto di flaconi e scatole piuttosto che aumentare il prezzo della confezione, creando così l’illusione che nulla sia cambiato, quando in realtà il carrello è meno pieno”. Per quest’ultimo motivo in particolare il fenomeno della shrinkflation è stato ribattezzato anche ‘trucchetto svuota-carrello’. In Italia l’Istat e le associazioni dei consumatori hanno da tempo puntato il dito contro il dilagare della sgrammatura, denunciandone l’escalation agli organi di giustizia amministrativa locali e nazionali e chiedendo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di mobilitarsi per arginare il fenomeno e limitare le ripercussioni sulla capacità di acquisto delle famiglie. “L’Unione nazionale consumatori, si legge, ha proposto da tempo di stabilire un sistema di controlli periodici sui prodotti dei grandi marchi per verificare le variazioni del rapporto peso-prezzo e segnalarle al consumatore, ma finora non se n’è fatto nulla”.
Nell’attesa che gli organi di competenza mettano in campo le misure necessarie per fissare una precisa regolamentazione della shrinkflation, i consumatori possono comunque tutelarsi mettendo in pratica alcune semplici strategie ogni volta che vanno al supermercato. “Una buona abitudine, suggerisce Guzzi, è quella di controllare in maniera scrupolosa le confezioni, imparare a considerare il prezzo al chilo o al litro, mettendo a confronto marchi differenti”. Una lettura approfondita delle confezioni, metterà in luce ogni ingannevole tranello a danno dei consumatori. Insieme e in sinergia, sarà possibile, conclude Guzzi, sconfiggere il diabolico trucchetto delle aziende coinvolte.