Studi, indagini e ricerche confermano l’esistenza di una valida e proficua combinazione tra i processi di apprendimento, la sfera emotiva e i traguardi scolastici. Quanto contano le emozioni, e che ruolo ha la scuola in questo processo? Maryanne Wolf, una delle più autorevoli neuroscienziate del panorama mondiale, asserisce che “la qualità del nostro pensiero dipende dalle conoscenze di base, e dalle emozioni che ciascuno di noi mette in gioco.” L’apprendimento, dunque, ha un suo costrutto se accompagnato da un’educazione emozionale. La scuola è chiamata a svolgere un compito semplice, ma essenziale e costruttivo. Deve avere la capacità di riconoscere le emozioni e i sentimenti, saperli esprimere, e prendersene cura con abnegazione, in modo che, come sottolineato a più riprese, dal filosofo Umberto Galimberti, gli studenti non vengano lasciati in balia del loro mondo interiore. Il ruolo delle emozioni nell’apprendimento è determinante. Soprattutto a scuola. Per molto tempo, si legge, la tendenza dominante nel sistema di istruzione è stata quella di prediligere principi lineari e curriculari, ignorando la complessità degli esseri umani e le loro peculiarità. Grazie al contributo degli studi sociologici e psicologici, e grazie all’apporto efficiente di studi e ricerche, si è iniziato a riconoscere le emozioni come “base del comportamento individuale e sociale”. Tutto ciò ha avvalorato una consapevolezza: non è solo con l’intelligenza e la razionalità che si ha successo nell’apprendimento. Un ruolo determinante è svolto dalle emozioni. Tesi questa, ampiamente condivisa dal professore Massimo Bottiglieri, Dottore in Scienze Motorie e Sportive, Professore in Discipline Musicali e Scrittore, il quale asserisce che “Di natura la mente è portata all’ immaginazione, alla sintesi, all’ astrazione di un concetto e suo relativo significato. Come tutto ciò raggiunga la “centralina nervosa”, dipende dalla modalità di assimilazione-accomodamento-adattamento che l’organismo stesso attiva. Lungo il passaggio dalla non-conoscenza alla conoscenza, sottolinea Bottiglieri, nel facilitare l’astrazione e assimilazione di un concetto, risulta fondamentale creare insieme; attraverso la dimostrazione e l’esempio operatorio del grande.
Lo scrittore russo Tolstoj venne “galvanizzato a corrente alternata” da due alunni quali Fedka e Semka. L’ alunno Fedka, un po’ come il famoso compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij, creava il suo pensiero a partire dai sentimenti arrivando a commuoversi, non trovava pace, come più volte esternato dal famoso musicista. Mentre Semka astraeva per mezzo dell’immaginazione, continuando il parallelismo musicale, come per il famoso pianista-compositore Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, per cui le architetture emotivo-affettive erano sovrastate da quelle cognitive; nell’ espressione riportata dallo stesso Korsakov “montavo e smontavo orologi e simultaneamente buttavo giù note”. Pertanto, continua Bottiglieri, lungo la crescenza, la nascita e sviluppo del pensiero non proviene sempre dal piacere, ma anche semplicemente dal saper fare qualcosa per mezzo di capacità innate, attitudini, nebule montessoriane. Lungo un odierno collettivo s-collegato e dis-educato, dove già da anni si respira la manifestazione di una sua putrefazione morale e civica, data anche da una sempiterna esalazione di veleni psichici quali: egocentrismo ed egoismo a pioggia e mancanza di riconoscimento dell’ altro, rispettando la firma di quel patto educativo di corresponsabilità contestualmente all’ iscrizione a Scuola, genitori ed istituti di ogni grado attraverso maestri compassionevoli, misericordiosi e pazienti ed last but not least empatici, dovrebbero essere in grado di ritrovare quel Fedka o Semka che Tolstoj tanto ammirava. Educazione spontanea come il disordine delle prime paroline messe su carta da questi allievi che anche se semi-analfabeti, producevano già canzoni. Educazione funzionale al funzionamento stesso del pensiero rispetto che; alzare la voce, enciclopedismo di programmazioni ministeriali a piè sospinto, sussidi tecnologici come i visori per la realtà aumentata e chatgpt di sorta.
Rischieremmo il tradimento stesso del corpo e della sua appercezione più onesta. In questa società, conclude Bottiglieri, quasi del tutto priva di immagini, di anima, dove l’archetipo del nostro bambino piange incompreso, si dimena dal grande incoerente ed affastellato alla rinfusa di qua e di la; fra la rabbia che non è l’aggressività e la paura che non assomiglia minimamente all’ angoscia. Ma se dobbiamo proprio rispettare veramente e sinceramente quel patto educativo, suggelliamolo insieme con l’educazione emotiva. Lì dove onestamente viva lungo la nostra fibra, giacchè non tutti la possiedono”.