Lamezia Terme – Per il secondo anno consecutivo si è tenuta presso l’aula bunker di Lamezia Terme la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto della Corte d’Appello di Catanzaro. A svolgere la relazione è stato il presidente Domenico Introcaso. “Non può dubitarsi dell’insostenibilità della durata dei processi in Italia, universalmente conosciuta, ma va ricordato che i magistrati italiani, secondo fonte Cepej del Consiglio d’Europa, sono tra i più produttivi dei 46 paesi esaminati, e quelli di questo Distretto sono a loro volta tra i primi quanto a produttività”.
“Da qui – ha proseguito Introcaso – la necessità di intervenire sul sistema e non sul parametro – il tempo – estraneo a esso in una opzione di semplificazione del fenomeno, con intervento estraneo e formale di risoluzione delle criticità con l’accetta, lasciando, peraltro, fuori dalla previsione reati gravi e di accentuata lesione dei valori sociali. Il formalismo è un metodo di semplificazione che mal si attaglia a realtà criminali e giudiziarie come la nostra, chiamata ad accertare fenomeni complessi di estensione nazionale e internazionale con tutti i reati a essa collegati”.
“L’ultimo anno è stato segnato, ancora una volta, dal fenomeno pandemico e dalle ulteriori criticità verificatesi nel corpo della magistratura, nazionale e distrettuale”. “Su tale ultimo aspetto – ha aggiunto Introcaso – l’onda lunga della crisi continua a disegnare uno scenario di incertezza
nell’opinione pubblica, presso la quale l’indice di fiducia in noi magistrati è ridotto al minimo storico, al 30%. Scenario in cui si inseriscono le censure del giudice amministrativo alle nomine del Csm. Ma le analisi anche interne – ha poi detto -sono parziali e fuorvianti in quanto indirizzate alla soggettivizzazione dei fenomeni, tali da non spiegare le dinamiche di essi. Ritengo che ricondurre gli eventi che hanno interessato il corpus magistratuale a questione etica sia riduttivo. Le decisioni fuori dalle sedi istituzionali e con l’esclusione dei soggetti, laici e magistrati, deputati ad assumerle, comportano un deficit inammissibile di democrazia in quanto curvano il potere democratico di scelta del Csm a logiche di lobby. In tale ambito di distorsione dei poteri, correlata ad appartenenza, si inserisce – ha evidenziato il presidente della Corte d’appello di Catanzaro – la corruzione del procedimento elettorale e del consenso, sempre meno ideale e ideologico ma orientato prevalentemente a logiche di convenienza il più delle volte carrieristica. Il contesto cennato delinea dunque non solo e non tanto una questione morale ma una questione di democrazia che in troppi – prima di tutto i magistrati vogliono mettere superficialmente in secondo piano, e sulla quale bisogna intervenire con la modifica della legge elettorale del Csm”.
“Nel settore penale le criticità- ha sottolineato ancora – sono addebitabili, in prevalenza, alle croniche e gravi scoperture di organico. Attualmente la Corte soffre di una scopertura del 25% dei consiglieri, accentuata da un’applicazione extradistrettuale prorogata e da un indice di alternanza del giudici del 42%. Inoltre negli ultimi anni è aumentato in maniera esponenziale ed è sempre crescente il numero di maxi processi di criminalità organizzata, di trattazione urgente e prioritaria, con impegno di tutti i consiglieri in numerose udienze, di lunga durata spesso anche per la necessità di riaprire le attività istruttorie, con conseguente ripercussione di tale maggiore carico di lavoro – conclude il presidente della Corte d’appello di Catanzaro – sulla fissazione e definizione dei processi ordinari”.
Con riferimento alla criminalità organizzata Introcaso ha evidenziato come “Il consenso non è ormai cercato ma esercitato direttamente dalle organizzazioni criminali che esprimono la tendenza, consolidata in molte aree, ad eleggere propri intranei. Ulteriore immediata conseguenza” della pervasività della ‘ndrangheta “è la corruzione del procedimento elettorale, di formazione del consenso, di raccolta di esso. Anche in tale attività si manifesta la capacità dinamica delle associazioni di ‘ndrangheta che si inseriscono in un contesto di riorganizzazione dello Stato mediante creazione di organismi politici e amministrativi intermedi, tali da delineare una potestà diffusa nel territori (si pensi alla centralità dei sindaci, eletti direttamente), titolari, per natura e funzione, di discrezionalità immediata sull’andamento generale dell’amministrazione. Il consenso – rileva il presidente della Corte d’appello di Catanzaro – non è ormai cercato, ma esercitato direttamente dalle organizzazioni criminali che esprimono la tendenza, consolidata in molte aree, ad eleggere propri intranei. Da qui lo scioglimento degli enti locali, le dichiarazioni di incandidabilità gravanti su tutti i tribunali del Distretto. “La crisi e le prime provvidenze economiche, di soccorso, hanno innescato il fenomeno criminogenetico proprio delle organizzazioni ‘ndranghetiste”.
A parere di Introcaso “I cosiddetti maxi processi, in misura assolutamente prevalente di criminalità organizzata, costituiscono il riflesso processuale delle attività di ‘ndrangheta e delle articolazioni territoriali indicate come locali a diffusione capillare, fondate su nuclei familiari allargati da matrimoni, cosiddetti ‘comparaggi’ in una commistione di elementi comuni: crimine, impresa, rapporti di sangue. Da qui la subcultura della famiglia intesa come espressione personale, lavorativa, criminale. Articolazioni non più locali ma in proiezione nazionale. Pare utile ricordare – prosegue il presidente della Corte d’appello catanzarese – che le locali di ‘ndrangheta in giudiziale accertamento sono 18 nella provincia di Vibo Valentia, 16 in quella di Catanzaro, 13 a Crotone, 14 nella provincia di Cosenza. Sono di giudiziale accertamento le locali del Nord ovest d’Italia, di proiezione distrettuale, in numero di 45. Dunque, l’esportazione del crimine in zone del centro e del Nord Italia ormai assoggettate alle modalità ‘ndranghetiste di gestione di interi settori dell’economia, della finanza, dell’industria. Il fenomeno origina dalla crisi del mercato del doppio trattato di Maastricht, che ha determinato la ‘rottura’ del sistema economico. Evento traumatico che si realizza, in misura ancora più radicale, con la pandemia, che sconvolge l’organizzazione economico sociale e crea gravissime paralisi nella produzione e nei mercati determinando fenomeni mai riscontrati nell’economia mondiale progredita. In siffatte dinamiche si inseriscono i poderosi interventi conseguenti all’attuazione del Pnrr e alle correlate enormi provvidenze economiche”.
Introcaso ha dedicato un passaggio della sua relazione alle vicende giudiziarie che riguardano magistrati. “Quanto all’onda lunga della crisi riversatasi in ambito locale – ha detto – agli eventi che hanno caratterizzato quest’ultimo anno, non possiamo, io e tutti i 312 magistrati del Distretto, che affidarci ad altri giudici, nel ripudio della logica del sospetto, della criminalizzazione e sfiducia diffusa, veicolata attraverso il pettegolezzo assurto sempre più a camera dell’eco in un contesto fragile di controllo della notizia. E ribadire – ha poi aggiunto Introcaso – che le indagini sono nate nel Distretto e in uffici del Distretto. Da qui il ringraziamento sentito, la riaffermazione di fiducia senza limiti, di stima, amicizia ai colleghi magistrati della Corte in particolare, che con sobrietà, serietà, impegno svolgono il lavoro quotidiano. Gli stessi sentimenti verso il personale amministrativo”.