Cercando sul web il nome di “Giovanni Notarianni” balzano all’occhio subito due informazioni: il suo villaggio turistico il “Porto Kaleo“, ed i danni allo stesso villaggio, frutto di intimidazioni protratte nel tempo, 20 anni di racket e minacce, perché in realtà Notarianni, imprenditore lametino, è una delle poche parti civili costituite nel processo Malapianta, a carico di oltre 100 imputati, scaturito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro contro il clan Mannolo di San Leonardo di Cutro.
Il giorno della sua deposizione era praticamente avvolto dagli uomini di scorta, che lo proteggono anche sotto casa da anni: una deposizione fiume durata ben 9 ore, assistito dall’avvocato Michele Gigliotti, e che inizia con il racconto dei fatti del 2001. Si parlò dei 250mila euro versati al clan Mannolo come tributo da pagare per poter avviare l’attività, l’imposizione, da parte del gruppo criminale, della manodopera pagata “profumatamente” ogni mese fino ai 50mila euro date ad Alfonso Mannolo per non essere ucciso. Un’inchiesta durata anni che solo ieri ha visto la luce e le condanne definitive.
“Con questa sentenza si raggiunge un traguardo essenziale nel contrasto al fenomeno criminale” – dice Notarianni – “dopo 50 anni di indiscussa egemonia, si cristallizza l’esistenza della locale di ‘ndrangheta Mannolo. Una consorteria forte, spietata e capitalizzata. Le indagini Malapianta, Thomas Infectio e non da ultimo Ionica, condotte mirabilmente dalla Dda di Catanzaro, hanno dimostrato il potenziale imprenditoriale ed economico delle ‘ndrine cutresi”.
“Adesso che ho la possibilità di vivere un presente che, a lungo, in momenti assai bui non avrei mai pensato di poter vivere, ho iniziato a pensare anche al futuro. Il mio e quello della mia famiglia. Voglio ringraziare i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine che ho incontrato nel mio percorso, che onorano la toga e la divisa che indossano. Sono loro il braccio di uno Stato che, quando incarnato dalle persone giuste, è capace di sconfiggere il nemico, anche quello più subdolo, facendo sentire la presenza dello Stato”.