(Adnkronos) – Sale la tensione tra India e Pakistan dopo l'attacco terroristico contro un gruppo di turisti nella regione himalayana contesa del Jammu e Kashmir, costato la vita ad almeno 26 persone, tutti indiani e un nepalese. Il timore è che si arrivi a uno scontro militare tra due Paesi, dotati entrambi di armi nucleari, e che questo porti a una destabilizzazione della regione. Perché secondo gli analisti la domanda non è se ci sarà una risposta militare da parte dell'India, ma quando questa avverrà. In relazione all'attentato, l'India ha accusato il Pakistan di sostenere gruppi terroristici nella regione, dopo che il Fronte della Resistenza ne ha rivendicato la responsabilità. Sul piano diplomatico, Nuova Delhi ha già adottato una serie di misure di ritorsione. E' stato innanzitutto sospeso l'accordo del 1960 che stabilisce le modalità di utilizzo delle acque del fiume Indo e dei suoi vari affluenti, che attraversano India e Pakistan e passano per il Kashmir. Nuova Delhi ha poi dichiarato ''persona non grata'' i diplomatici pachistani, ha ridotto da 55 a 30 i diplomatici indiani presenti in Pakistan, chiuso il principale passaggio di frontiera e ordinato a tutti i cittadini pachistani, ad eccezione dei diplomatici, di lasciare l'India entro il 29 aprile. Durante un discorso nello stato nordorientale del Bihar, il primo ministro indiano Narendra Modi ha promesso di perseguire gli aggressori "fino ai confini della terra". E parlando in inglese, invece che in hindi, ha detto che ''l'India identificherà, rintraccerà e punirà ogni terrorista e i suoi sostenitori". Perché ''lo spirito dell'India non sarà mai spezzato dal terrorismo. Il terrorismo non rimarrà impunito. Verrà fatto ogni sforzo per garantire che giustizia sia fatta. L'intera nazione è determinata". L'India ha definito le sue azioni di ritorsione come una risposta al presunto "sostegno al terrorismo transfrontaliero" del Pakistan. Islamabad, per contro, ha negato qualsiasi coinvolgimento e convocato una riunione sulla sicurezza nazionale per discutere i prossimi passi. "Declassare i rapporti diplomatici e sospendere il Trattato sulle acque dell'Indo non fa ben sperare per la stabilità della regione", ha affermato Fahd Humayun, professore associato di scienze politiche alla Tufts University. "Non solo la sospensione costituisce una violazione degli obblighi derivanti dai trattati internazionali, ma il diritto all'acqua in quanto paese rivierasco è visto dal Pakistan come una questione di sicurezza nazionale e la sua sospensione sarà interpretata come un'azione belligerante", ha aggiunto. Ieri il ministro dell'Energia pachistano Awais Leghari ha definito l'iniziativa "un atto di guerra", sottolineando che "ogni goccia ci appartiene di diritto e la difenderemo con tutte le nostre forze: legalmente, politicamente e a livello globale". Arzan Tarapore, ricercatore presso il Center for International Security and Cooperation della Stanford University, ha spiegato alla Cnn che "Modi avrà una spinta politica molto forte, se non irresistibile, a reagire con la forza". Certo, aggiunge Tarapore, "non sappiamo come sarà, inutile fare speculazioni, ma la crisi di Balakot del 2019 fornisce alcuni indizi". Il riferimento è ai raid aerei dell'India contro il Pakistan in risposta a un attacco militante contro le truppe di Nuova Delhi in cui furono uccisi almeno 40 paramilitari nel Kashmir indiano. "La domanda chiave è: cercheranno di far pagare un prezzo alto ai gruppi terroristici, anche prendendo di mira i loro vertici o i loro quartier generali, o l'India andrà oltre e attaccherà l'esercito pachistano?", si chiede Tarapore. "Le capacità militari dell'India sono aumentate dal 2019, quindi il Paese potrebbe sentirsi incoraggiato ad affrontare obiettivi più ambiziosi", sottolinea. Migliaia di persone sono scese in piazza in Kashmir per condannare l'attacco, scatenando una nuova ondata di disordini in una regione rivendicata sia dal Pakistan sia dall'India e che spesso è stata l'epicentro di violente lotte territoriali tra i due Paesi. Per decenni diversi gruppi militanti, che chiedevano l'indipendenza del Kashmir o l'annessione dell'area al Pakistan, hanno combattuto contro le forze di sicurezza indiane, provocando decine di migliaia di vittime. Preoccupazione è stata espressa anche dai titolari delle attività commerciali visto che a essere colpiti sono stati turisti. La Resistenza del Kashmir, nota anche come Fronte della Resistenza, è un'organizzazione militante relativamente nuova che negli ultimi anni ha rivendicato l'uccisione di civili appartenenti alle minoranze residenti in Kashmir. Secondo una ricerca del think tank Observer Research Foundation (Orf) con sede a Nuova Delhi, il Fronte della Resistenza ha dichiarato la sua esistenza nel 2019 dopo aver rivendicato la responsabilità di un attacco con granate nella città più grande del Jammu e Kashmir, Srinagar. L'India ha classificato il Fronte della Resistenza come "organizzazione terroristica" e lo ha collegato al gruppo islamista fuorilegge Lashkar-e-Tayyiba, responsabile degli attacchi del 2008 a Mumbai. Per l'Orf, "il Fronte della Resistenza è una forza di resistenza politica, nata in Kashmir e per il Kashmir, contro le forze di occupazione illegali, senza una figura o una leadership jihadista centralizzata". —internazionale/[email protected] (Web Info)
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