Ad un anno di distanza delle prime notizie apparse sulla stampa e a cinque mesi dall’ufficializzazione da parte dell’azienda, i sindacati calabresi e qualche politico sono venuti a conoscenza che la Intel, multinazionale americana leader nella produzione di semiconduttori e microprocessori, ha intenzione di fare un investimento di 5 milioni di euro in Italia che a regime porterebbe alla creazione di 3.500 posti di lavoro tra diretti e indotto. Solo oggi i sindacati sollecitano l’amministrazione regionale a proporre Gioia Tauro come sito produttivo per questo importante investimento. Verrebbe da dire “meglio tardi che mai”, ma in questi casi il “tardi” significa essere tagliati fuori.
È da circa un anno che si parla di questo investimento e sono diverse le regioni che si sono candidate: Veneto, Lombardia, Piemonte, Puglia e in ultimo la Sicilia proponendo l’area industriale di Catania, che probabilmente sarebbe la più “vocata” visto che da anni in quell’area è presente la ST Microelectronics, attiva nello stesso settore e che ha sviluppato un rilevante indotto. Su questo investimento il 40% è a carico del Governo centrale che ha assunto l’impegno di individuare i siti prima delle elezioni politiche e che probabilmente sceglierà il Veneto e il Piemonte. Se così fosse non si potrebbe parlare di occasione persa, visto che fino ad oggi la nostra regione non ha neanche partecipato alla selezione.
L’investimento della Intel è il primo esempio di quel processo in atto che gli economisti chiamano “reshorig” vale dire riportare la produzione nel paese d’origine. La pandemia prima e la guerra oggi hanno messo a nudo quanto sia problematico gestire filiere produttive lunghe. Quindi è presumibile che altre aziende, nel breve periodo, seguiranno questa stessa strada e credo che non ci si possa far trovare impreparati.
Certo, appare davvero singolare che nella richiesta avanzata dai sindacati e da qualche consigliere regionale al Presidente Occhiuto di candidare anche la Regione Calabria, si proponga come sito l’area industriale di Gioia Tauro.
A quanto pare dell’Area Industriale di Lamezia non interessa a nessuno. Per anni ci siamo sentiti dire che era la più grande del Mezzogiorno, la più centrale, vicina agli snodi autostradali, ferroviari e aeroportuali, ma quando c’è da indicare un sito si indica solo Gioia Tauro. Anche l’ultima visita del Presidente di Confindustria è andata in tale direzione.
Forse è il caso di interrogarsi sul perché di queste scelte. Si potrebbe dire che la Regione è troppo piccola per cercare di puntare sullo sviluppo di più aree, ma allora dovrebbero spiegarci perché su un territorio così piccolo insistono tre aeroporti.
Il problema vero è che chi dovrebbe promuovere il nostro territorio non sta facendo bene il proprio lavoro. Mi riferisco all’amministrazione comunale di Lamezia Terme che su questa vicenda, come su tante altre, non si è fatta sentire, o la Lamezia Europa, società che dovrebbe occuparsi dello sviluppo dell’area industriale, e che da anni sopravvive presentando progetti faraonici al fine di mascherare le difficoltà economiche che attraversa la società e che onestamente sembrano evocare la scena del famoso film in cui Totò vende la Fontana di Trevi.
L’auspicio è che possa aprirsi un confronto serio sul futuro dell’Area Industriale e che possano cogliersi delle opportunità che, nonostante la crisi economica, sono pur presenti. Potrebbe cominciarsi con l’accorpare i diversi enti e crearne uno nuovo che si occupi dello sviluppo dell’area, oggi abbandonata a se stessa, dalla promozione alla gestione. Ne saremo capaci?
*Ex segretario PD Lamezia