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giovedì, 28 Novembre, 2024
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La pandemia e il mercato del lavoro, Lazzerini: costi sociali hanno assunto toni drammatici

I dati dell’andamento del mercato del lavoro sono particolarmente evidenti nella loro gravità – dichiara Annarita Lazzarini, responsabile Programma ‘Garanzia Giovani’ Calabria. L’occupazione italiana, in termini di numero di ore lavorate -sottolinea- non ha ancora raggiunto i livelli massimi del 2007 ed è aumentata la differenza tra i territori la percentuale di disoccupati di lunga durata è tra le più alte d’Europa mentre l’occupazione, sia pure in crescita rimane su livelli molto inferiori rispetto ai principali paesi europei, il 59% nel 2019 (l’anno precedente alla pandemia), a fronte di tassi di occupazione per paesi come la Germania (76,7%), la Danimarca (75%), la Svezia (77,1%), il Regno Unito (75,2%), stabilmente sopra il 70% da anni.

Alla presenza di un costante numero di disoccupati e inattivi- continua la responsabile Programma Garanzia Giovani Calabria- fa da sfondo la difficoltà delle imprese nel reperire le competenze adatte; i lavoratori ed i disoccupati italiani necessitano di forti interventi di riqualificazione delle competenze, ma la percentuale di occupati e disoccupati coinvolta in percorsi di rafforzamento formativo è tra le più basse d’Europa. Le difficoltà delle politiche attive risentono di debolezze strutturali e di lungo periodo che caratterizzano il mercato del lavoro italiano, tra bassa crescita e cattiva occupazione.

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Dal 2015 al 2019 l’occupazione in Italia è costantemente aumentata-precisa Lazzarini- in particolare tra le donne, una dei gruppi (insieme ai giovani) tradizionalmente penalizzati. Il tipo di occupazione creata è stata tuttavia caratterizzata da una forte incidenza del lavoro povero e a bassi salari. In un tale contesto, ai problemi dei disoccupati di lungo periodo e dei giovani Neet (arrivati a più di 2 milioni nel 2020) si sono andati sommando quelli di chi è a rischio povertà pur lavorando.

Dallo scoppio della pandemia il quadro del mercato del lavoro è ulteriormente peggiorato. In un quadro di questo genere, se buona parte della disoccupazione è stata congelata grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali in deroga, i problemi maggiori hanno riguardato il calo drammatico dell’occupazione, in particolare tra le donne. Dopo anni di crescita ininterrotta, tra il 2020 e il 2021, si è persa quasi il doppio dell’occupazione femminile creata tra il 2008 e il 2019 (171 mila unità a fronte di 89 mila posti femminili creati in questo arco di tempo) per gli effetti delle chiusure che hanno colpito alcuni comparti dei servizi in cui era particolarmente forte la componente femminile (servizi alle persone, turismo, commercio e ristorazione).

Al calo degli occupati- sottolinea Lazzarini- va aggiunto l’aumento degli inattivi (tra il 2019 e il 2020 482 mila unità in più, di cui 338 mila donne) e la disoccupazione “latente” che con il progressivo sblocco dei licenziamenti e la fuoriuscita dal meccanismo delle deroghe potrebbe fare aumentare sensibilmente il numero dei disoccupati.

Il quadro che ne risulta rimane estremamente critico e ancora segnato da profonde fratture territoriali, con le regioni del Mezzogiorno che evidenziano tassi di disoccupazione tra i più elevati d’Europa. Più di una persona su cinque (il 20,1%) era senza lavoro in Calabria nel 2020, l’ottava percentuale peggiore tra le regioni d’Europa. Viceversa regioni come la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto sono tra le aree d’Europa a più alta occupazione.

La crisi economica ha cristallizzato i differenziali tra regioni del Nord e regioni del Mezzogiorno. Se si considera anche la disoccupazione di lungo periodo e l’inattività la situazione è anzi ulteriormente peggiorata rispetto alla fase pre-pandemia.

Non è solo a livello territoriale che la recessione ha determinato un forte peggioramento delle condizioni di accesso al mercato del lavoro- sottolinea la responsabile Programma Garanzia Giovani Calabria- insieme alle donne, ai giovani e ai lavoratori a tempo determinato, l’altro grande gruppo sociale colpito duramente dalla crisi è stato il lavoro autonomo, già prima tuttavia la situazione per questi lavoratori era in tendenziale peggioramento, tanto sul piano quantitativo, quanto su quello qualitativo. Pur rimanendo l’Italia tra i paesi europei con la più alta incidenza di indipendenti, il loro numero è andato progressivamente diminuendo, con un calo molto netto fatto registrare nell’anno della pandemia (-154 mila unità tra il 2019 e il 2020), in particolare nelle regioni settentrionali, un dato questo in controtendenza rispetto ai tradizionali differenziali Nord-Sud e segno di una crisi economica che è stata particolarmente severa.

I costi sociali della pandemia-conclude Lazzarini- hanno fortemente intaccato il lavoro autonomo, soprattutto quello senza dipendenti con perdite occupazionali e di reddito superiori alla media dei lavoratori dipendenti. Più in generale tuttavia è tutto il mondo del lavoro indipendente a risentire di una crisi che ha radici lontane (sin dal 2008-2009) ma che la pandemia ha ulteriormente acuito, assumendo per alcune fattispecie toni drammatici.

(c.s)

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