E’ tra i progetti del Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia, dove fino al prossimo 13 giugno “S2 Home Digital/Human” presenterà innovativi scenari di design abitativo sostenibile. A ideare e curare la mostra è l’architetto Consuelo Nava, ricercatrice dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che l’ha realizzata con il suo team, coinvolgendo l’imprenditore Antonino De Masi (tra i finanziatori della ricerca dal 2017 e sotto scorta dopo la sua coraggiosa denuncia del racket) e la start up Pmopenlab.
Nava e la sua equipe sono stati invitati da Alessandro Melis, curatore del Padiglione Italia. La prima immagine di S2Home che appare ai visitatori nello spazio di esposizione è un grande e solido albero d’olivo carolea arrivato dalla Calabria nella città lagunare, che rappresenta un simbolo di resilienza. Parola ultimamente al centro di una campagna mediatica di svalutazione ma che invece è proprio quella scelta da Melis in Biennale per il tema italiano, “Comunità resilienti”. Di questa importante esperienza di ricerca presentata a Venezia abbiamo parlato con l’architetto Nava.
La mostra che lei presenta con il suo team è complessa e articolata in una serie di opere, collegate da una sperimentazione sulle risposte abitative e architettoniche ai cambiamenti climatici e globali. Può riassumere il concept e gli interventi del progetto?
«Il professor Melis, curatore del Padiglione Italia “Comunità resilienti”, mi ha invitato a far parte dell’advisory board e ad esporre come curatrice nella sezione in mostra “Sperimentazione, ricerca transdisciplinarietà” le opere su “S2 Home_ Digital/Human: effort in transition”. Ho inteso condividere l’esperienza con Antonino De Masi, il professor Mose Ricci e con la start up PMopenlab, un gruppo di giovani innovatori che da anni mi accompagnano nelle mie ricerche sperimentali. L’esperienza nasce da un progetto di ricerca sui temi dell’off-site, dei processi circolari/riciclo e delle comunità in transizione per la sfida ai cambiamenti climatici, avviato nel 2017 con il cofinanziamento dell’imprenditore De Masi e un team di ricercatori dell’Università di Trento, della Mediterranea di Reggio Calabria, Enea e la start up PMopenlab; la ricerca è proseguita fino ad oggi con l’impegno di ABITAlab, laboratorio che dirigo e a cui partecipano i miei dottori e dottorandi e la stessa PMopenlab. Presentiamo 4+ 2 opere che riguardano il progetto della S2 Home, con la presenza di prototipi in scala stampati in 3d e la parete Re_Up, con brevetto depositato, dell’involucro del modulo abitativo S2Home.Una grande opera illustrata – un wall di 9 mq, su comunità e scenari in transizione verso il 2085. Quindi i totem multimediali sul racconto di tutto il processo e i protagonisti della ricerca e poi il video-opera su l’esattazione tecnologica, del modulo abitativo S2 Home, che coopta i sui componenti da una scuotitrice di olive. A salutare i visitatori all’ingresso dello spazio un albero di olivo carolea, alto 3.50 mt e di 350 kg, la specie calabrese più resistente/resiliente. Inoltre, tutti i contenuti scientifici e la narrazione delle opere saranno disponibili su una piattaforma online www.pmopenlab.com/biennale21»
Come sta andando la mostra? Quali parti del progetto stanno più interessando i visitatori?
«Il Padiglione Italia ha la curatela di uno scienziato e professore, che fa della complessità un valore. Io credo che la ricerca che si trova al suo interno sia avanguardista e molto densa. Con il nostro spazio-mostra abbiamo risposto alla domanda posta dal curatore, con molta radicalità, chiarezza e tutta l’esperienza è un processo da visitare e percorrere. Fino al 13 giugno lo racconteremo fisicamente, con i giovani professionisti di PMopenlab e l’associazione Pensando Meridiano, con i dottorandi. Fin dall’inaugurazione lo spazio è stato molto visitato, le persone che provengono da tutto il mondo dimostrano di apprezzare il nostro modo di fare ricerca, sperimentazione e di trasferire la conoscenza attraverso la narrazione. Lavoriamo molto con il digitale, ma non sostituisce mai l’umano, pertanto siamo fisicamente nello spazio mostra a rispondere alle domande, a illustrare tutta l’esperienza».
Quali sono le tappe future del progetto dopo la partecipazione alla Biennale di Venezia?
«Lavoro sui temi della sperimentazione tecnologica riferita ai processi avanzati di design sostenibile da più di 20 anni, continueremo su questo tema, Venezia rappresenta una tappa autorevole che dà molto riconoscibilità al percorso. Sono molto interessata a lavorare sul design sostenibile avanzato, per produrre “gli scenari in transizione” avviati con l’esperienza portata in Biennale. Procederemo sui temi e spero di poter mostrarne i risultati, anche raccolti a Venezia, in ambiti locali, nazionali e internazionali e lavoreremo come sempre con abnegazione a questo. Intanto, dall’evento di Conferenza Internazionale che terremo all’interno del periodo in mostra, il prossimo 11 giugno, con la curatela mia e del professor Ricci, procederemo per ampliare questa narrazione e raccoglierla nel volume della mostra che ne presenterà tutta l’esperienza, dal suo avvio alla biennale e sarà pubblicato entro dicembre 2021».
Per applicare a fruizione della comunità le idee esposte ci sono interessi concreti di enti o privati? In Calabria lei dove vede meglio, e con quali destinatari, la realizzazione dei progetti?
«Di fatto, noi abbiamo realizzato già quanto teorizzato, le opere sono la loro realizzazione e anche la costruzione di parte dell’involucro, realizzato nelle officine De Masi a Gioia Tauro. Pertanto, visto che quanto sperimentato e proposto nasce dallo sviluppo sperimentale e finisce in fabbrica, mi pare che la cosiddetta “pratica”, sia già compiuta. Dal brevetto in poi, per questa parte del progetto, ragioneremo. Non abbiamo condotto una sperimentazione per la Calabria, nel senso che la ricerca si interessa di temi globali, come il riciclo, il cambiamento climatico, la produzione rigenerativa energetica e la realizzazione di insediamenti in smart grid. Al Sud, come al Nord, in Italia come altrove, i miei studi si interessano di dare risposte specifiche a problemi complessi. L’architettura in transizione, rigenera i paesaggi e i luoghi in cui è inserita e per questi è concepita su misura e sempre reversibile, sia che sia temporanea che stabile, qualsiasi ruolo svolga nelle sue funzioni e relazioni. S2Home, è una casa fatta a macchina, capace di diventare anche altro, è il suo processo che lo consente e le qualità dell’abitare che produce».
Nell’epoca post Covid quali implicazioni avrà la digitalità nell’architettura? Andiamo verso un “tutto digitale” che cancellerà il lavoro e l’interscambio fisico?
«Io propongo un concept curatoriale che presenta il rapporto tra digitale e umano, come sforzo per la transizione. Il tutto digitale non esiste. Esistono gli strumenti e i dispositivi digitali e le tecnologie che abilitano processi che facilitano, trasferiscono, rendono aperti e anche più connessi alcuni sistemi. Il Covid apre l’era delle pandemie, delle grandi sfide dovute agli impatti che abbiamo prodotto negli ultimi 50 anni. Non abbiamo molto scelta, occorre attivar e processi resilienti, oltre l’adattamento climatico, verso modelli rigenerativi. L’architettura, le architetture, nascono per trasformare l’ambiente e portare benessere alle comunità. Credo che, in un tempo di ecologia anche senza natura, essere architetto e ricercatore significa essere obbligati a studiare, concepire, sperimentare e proporre processi e progetti virtuosi. Occorre essere radicali, che non è un modo per dire utopie e futuribile, ma un modo per mostrare che “si può fare”, come e perché, che le utopie divengono possibili quando escono dai disegni e diventano sicurezza sociale e ambientale, per le comunità».
Isabella Marchiolo