Era il 4 gennaio 1992 quando intorno alle 18:00 nella centralissima ex via De Campioni quando gli uomini dell’arma di Lamezia Terme rinvennero nella Peugeot 205 blu con la portiera anteriore destra aperta, la chiave inserita e il quadro acceso, il corpo del Sovrintendente Salvatore Aversa con la testa poggiata sul volante. Fuori dalla macchina, riversa sull’asfalto sua moglie Lucia Precenzano ancora viva: morì anche lei subito dopo il trasporto in ospedale.
I due coniugi erano andati a fare visita ad una coppia di amici che abitava proprio lì, nella via che oggi porta il loro nome, e stavano per entrare in macchina per tornare a casa furono colpiti da 15 colpi di pistola calibro 9. In un primo momento le indagini iniziali portarono all’arresto di Renato Molinaro e Giuseppe Rizzardi, indicati come esecutori materiali da una presunta testimone oculare, Rosetta Cerminara, e in seguito scagionati. Si accertò in seguito che l’agguato fu eseguito da Salvatore Chirico e Stefano Speciale, rei confessi, ingaggiati per il delitto dalle ‘ndrine di Lamezia Terme
Ma non finì qui: com’è noto le tombe dei due coniugi, poste nel cimitero di Castrolibero, a due mesi dalla morte vennero profanate, riesumate, bagnate di benzina e dati alle fiamme da ignoti, probabilmente legati alla malavita organizzata.
A Salvatore Aversa la Medaglia d’oro al valor civile: «Sovrintendente Capo della Polizia di Stato, nonostante le continue minacce e ritorsioni, perseverava, con spirito di abnegazione ed elevata capacità professionale, in difficili indagini di polizia giudiziaria in un ambiente ad alto rischio e contaminato da infiltrazioni mafiose, rimanendo vittima, insieme alla moglie, di un vile attentato. Splendido esempio di assoluta integrità morale ed altissimo senso del dovere spinti fino all’estremo sacrificio. Lamezia Terme (CZ), 4 gennaio 1992»
