“Leo amore mio, mi dispiace. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno ma ho paura di tutto, di perderti e non lo sopporterei. Perdonami amore mio, sii forte, ti amo e scusami”. Scriveva così Donatella 27 anni, in carcere per una serie di furti.
Lui è Leo, ragazzo calabrese originario di Rossano Calabro, che racconta: “Parlare di lei, al passato, mi riesce difficile. Al momento, posso dire poche cose, perché tanti sono i pensieri che affollano la mia mente. Io voglio che passi il messaggio giusto. Dona era una ragazza solare e spensierata, che sognava di tornare a fare l’estetista. Ci conosciamo da quando eravamo ragazzini. E io avevo anche preso una casa per lei. Ma poi, negli ultimi 8 mesi, non so cosa sia successo. Era triste. Il suo sorriso è stato spento e oggi mi chiedo cosa sia successo in quei minuti. In cui, probabilmente, si poteva fare qualcosa. Oggi mi faccio tante domande, ma spero che la sua morte lasci una traccia nella nostra società. E che non si dica che si è suicidata una drogata e non si discuta frettolosamente del suo passato. Spero davvero che nessuno si dimentichi di lei”.
Ma non è l’unica lettera in questa triste vicenda, infatti, ai funerali della 27enne è un’amica di Donatella a leggera la lettera del giudice di Sorveglianza Vincenzo Semeraro del Tribunale di Verona: “Se in carcere muore una ragazza di 27 anni così come è morta Donatella, significa che tutto il sistema ha fallito. E io ho fallito, sicuramente. Inutile dire che la sensazione che provo è quella di sgomento e dolore. So che avrei potuto fare di più per lei”.