La cattiveria umana esiste. E’ forte, imponente, subdola. Lo confermano i fatti di cronaca che continuano a raccontare episodi folli, di una violenza inaudita. Tra tanti fatti di cronaca, spietati, oltre alla morte della povera Giulia, di cui si è ampiamente parlato, c’è quella del gattino Leon, scuoiato vivo e poi abbandonato in strada agonizzante. Senza alcuna pietà. Come si spiegano queste condotte aggressive? Come frenare questo fenomeno dilagante? La violenza sugli animali – sottolinea Sebastiano Guzzi, Vice Presidente Nazionale Unilavoro Pmi- è un’emergenza che deve essere affrontata con maggiore rigore. Vi è la necessità di approvare una riforma per il riconoscimento di questi atti come crimini sociali, e la necessità che si indaghi sulle cause di tali comportamenti.
Moshagen e colleghi dell’Universita’ di Ulm in Germania, hanno condotto uno studio molto interessante. Dalle loro ricerche, condotte con grande competenza, e’ emerso che nove caratteristiche vanno a costituire quello che hanno definito fattore D, ovvero, fattore dark. Individualismo, egoismo, machiavellismo, narcisismo, superiorita’ psicologica, psicopatia, sadismo, interessi sociali e materiali, malevolenza. Queste caratteristiche, strettamente correlate fra loro, vanno a definire il fattore D, ed è chiaro, dunque, che la persona che avra’ sviluppato maggiormente questa dimensione oscura, sara’ un individuo capace di commettere azioni brutali nei confronti di chiunque, senza provare particolare sofferenza e senza entrare in conflitto con se stesso. Quando queste caratteristiche si insinuano nella personalita’ di un individuo, vengono a mancare, totalmente, le caratteristiche antagoniste fondamentali come il senso morale, l’etica, l’empatia. Queste ricerche, ed altri esperimenti condotti in psicologia sociale – evidenzia Guzzi – hanno mostrato quanto il contesto familiare e sociale, possano impattare profondamente sul comportamento umano. Innanzi a eventi di questa gravità è indispensabile intervenire, e non solo penalmente, ma anche a livello sociale, educativo e psicologico. Una cultura in cui si sviluppano forme di violenza contro gli animali – prosegue Guzzi – ha come riferimento un modello di vita basato sulla prevaricazione, l’aggressività sistematica, il disprezzo per le ragioni altrui.
Laddove non arriva la legge possono, e devono arrivare le scienze sociali, se non vogliamo creare culture suburbane di bacilli criminali, virulenti come pandemie. Faccia dunque il suo dovere anche la scuola, con progetti e iniziative capaci di educare al rispetto all’empatia, all’affettività. Affronteremo la questione – conclude Guzzi – con il prof. Massimo Bottiglieri, dott. In Scienze Motorie e Sportive, prof. In Discipline Musicali, e autore del libro “Istruire o Educare?”, “Le Nuove Sfide della Scuola”, e con altri professionisti.