Ecco il testo integrale della lettera inviata dal presidente Roberto Occhiuto a Claudio Cerasa direttore de “Il Foglio” che, nelle scorse ore, ha pubblicato la notizia inerente l’utilizzo dei medici cubani nelle strutture sanitarie della Calabria (vedi articolo sotto). Decisione adottata dalla regione e che ora approda nelle aule della Corte penale internazionale con ipotesi di accusa molto pesanti.
“Nell’agosto del 2022 firmavo presso la sede dell’ambasciata della Repubblica di Cuba a Roma un accordo con la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A. per la fornitura disservizi medici e sanitari alla Calabria. Un accordo che mi avrebbe permesso di portare nella mia regione fino a 497 medici in tre anni. Al momento i medici cubani arrivati in Calabria sono 171: i primi 51 hanno iniziato a lavorare nei nostri ospedali nel mese di gennaio 2023, altri 120 sono in corsia da metà agosto. Perché ho deciso di ricorrere a questa soluzione emergenziale? Certamente non perché ‘i medici locali non hanno voglia di lavorare’, frase che non ho mai pronunciato, ma semplicemente per non chiudere i nostri ospedali e i nostri reparti La Calabria ha fatto negli ultimi anni e sta continuando a bandire concorsi su concorsi per l’assunzione a tempo indeterminato di medici e personale sanitario.
Ma la carenza di camici bianchi è ormai patologica in tutto il paese, e per una regione come la mia, con un sistema sanitario distrutto da 12 anni di commissariamento, attrarre medici è ancor più complesso rispetto ad altre e più attraenti realtà nazionali. Ho detto ‘no’ e ho denunciato per primo in Italia il fenomeno dei medici a gettone, professionisti che tramite cooperative specializzate offrono prestazioni facendosi pagare anche 150 euro all’ora, 1.200 euro a turno. Io non mi posso permettere di sperperare risorse pubbliche distraendole dai normali servizi per la cura dei cittadini Ecco dunque come è nata l’iniziativa di portare in Calabria i medici cubani Una decisione forte, che inizialmente ha ricevuto le critiche di ordini e corporazioni, ma che oggi è un modello positivo che tanti aspirano a imitare.
Numerosi governatori mi hanno contattato per provare a emulare ciò che ho fatto, chiedendomi aiuto e consigli I medici cubani in Calabria sono stati un successo. Per i nostri ospedali, peri loro colleghi italiani, per la cittadinanza. I camici bianchi caraibici sono stati splendidamente accolti dalle comunità locali, dai sindaci, il loro arrivo è stato spesso suggellato da feste di benvenuto e da momenti conviviali Non vedo alcun pericolo schiavitù. L’accordo che ho sottoscritto con la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A. è molto chiaro e nella sua versione definitiva, quella che regola la presenza dei medici cubani in Calabria, prevede che i 4.700 euro lordi del compenso siano interamente corrisposti, su conti correnti italiani, ai professionisti caraibici: la regione non versa alcun euro al governo cubano, non esiste il ‘pizzo’ del quale scrive il suo giornale. Se qualche Ong – organizzazioni che a volte frequentano più i dorati forum come quello di Miami, piuttosto che le aree periferiche delle regioni maggiormente in difficoltà – pensa che i medici cubani siano sfruttati ha la facoltà di denunciarci, e la Corte penale internazionale ha il dovere, come atto dovuto, di approfondire. Ma, gentile direttore, le posso assicurare che i medici cubani arrivati in Calabria non sono stati vittime né di tratta di esseri umani, né di schiavitù, né di fantomatiche persecuzioni. Abbiamo aperto le porte dei nostri ospedali a decine di media nazionali e internazionali che in questi mesi hanno raccontato con grande curiosità questo straordinario esperimento. Tutti – conclude Occhiuto – hanno potuto constatare la serenità e il lodevole spirito di servizio con i quali questi professionisti stanno operando nella nostra regione. Ringrazierò per sempre i medici cubani per la loro passione e il supporto fondamentale che stanno dando al sistema sanitario calabrese”.
Al presidente Occhiuto ha replicato lo stesso direttore Cerasa: “C’è un mistero. La risoluzione 168 del 2010 del ministero del Commercio internazionale e degli investimenti esteri di Cuba, come abbiamo scritto tempo fa sul Foglio, impone a tutti i dipendenti civili che lavorano all’estero per lo stato o per imprese statali, incluso il personale medico, obblighi e doveri precisi. Le offriamo un esempio: il codice penale cubano, tanto per dirne una, punisce con una pena detentiva di otto anni tutti i dipendenti civili che non completano le missioni mediche o che decidono di non fare ritorno a Cuba e le stesse missioni mediche sono state classificate come una forma moderna di schiavitù secondo la Commissione interamericana per i diritti umani (lachr). Infine il 16 settembre del 2021, il Parlamento europeo ha firmato una risoluzione in cui denuncia il fatto che ‘lo stato cubano continua a violare sistematicamente i diritti umani e il diritto del lavoro del suo personale sanitario in servizio all’estero nell’ambito di missioni mediche, il che porta le Nazioni Unite a equiparare tali missioni a una forma di schiavitù moderna’. Lei oggi dice che la sua regione ha agito in modo diverso e che quei soldi finiscono tutti nelle tasche dei cubani. Ce lo auguriamo (voi pagate loro, ma siete sicuri che loro non siano costretti a girare i soldi allo stato da cui provengono? Come dovrebbe sapere, e come sanno i cubani costretti a emigrare a Miami, all’Avana c’è una dittatura). E se così fosse quando la Corte penale internazionale approfondirà il caso potrà rivendicare di aver dato un colpo mica male al regime cubano. Un caro saluto”.
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