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venerdì, 10 Gennaio, 2025
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“Mia madre infermiera del 118 non vede sua madre da marzo”

Lavora da 42 anni e fa l’infermiera del 118 in Calabria. Ma ogni mese guadagna 1500 euro. La denuncia parte da una figlio, che posta su Facebook una foto della madre, irriconoscibile, mentre indossa le protezioni sanitarie e riporta parte di una conversazione telefonica in cui la donna racconta le difficili condizioni di lavoro per l’emergenza sanitaria.

“Cosa fai?”, chiede il ragazzo. “Sono in ambulanza. Abbiamo portato tre casi Covid da malattie infettive a casa, da un ospedale a un altro e da una rianimazione all’altra – risponde la madre – Poi sanifichiamo e andiamo a prendere il quarto”.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

La passione per la medicina è di famiglia: “(Mia madre è) sorella, figlia, zia, cugina, nipote di medici e vedova di un anestesista”, sottolinea il ragazzo. La crisi sanitaria ha chiesto uno sforzo in più e la donna non si è tirata indietro, dopotutto “mia madre credo sia una delle infermiere migliori che il sistema sanitario nazionale possa vantare – aggiunge Luis – Nel suo ambiente è famosa per essere in grado di prendere vene in condizioni assurde e per aver fatto partorire delle donne a bordo strada in piena montagna, lontano dall’ospedale, perché gli ospedali fuori dalle città si è deciso che non servono più”.

La passione però non ripaga l’impegno richiesto in questi mesi degli operatori sanitari, costretti a lavorare con le stesse paure di tutti, con turni massacranti e a vivere lontano dai propri famigliari. “Mia mamma non vede sua madre, che è mia nonna, 95 anni, dallo scorso marzo”, scrive il ragazzo, dopo che la donna ricorda al figlio di non poter ancora riabbracciare le altre figlie fino ai risultati del tampone. Dopo tutto questo, infatti, dopo 42 anni di servizio, “mia madre guadagna 1500 euro al mese”, sottolinea, che aggiunge “e ora parliamo di dittatura sanitaria”.

La denuncia del ragazzo non è nuova, in questi mesi è stata sottolineata più volte. Medici e infermieri sono stati i veri protagonisti dell’emergenza coronavirus: dipinti suoi muri, chiamati eroi, fotografati di nascosto mentre stanchi e spaventati per un secondo si concedono il lusso di tornare ad essere vulnerabili e umani. E poi, come in questo caso, devono chiedere che gli venga riconosciuto lo sforzo il prima linea che hanno fatto e che stanno continuando a fare. (Fonte: Mashable.com)

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