Il sovraffollamento nelle carceri? Problema reale, ma che spesso è usato per occultarne altri, forse ancora più gravi. Nell’ambito di Bookcity se n’è discusso nel carcere di San Vittore a Milano, dove è stato illustrato il volume “Sovraffollamento e crisi del sistema carcerario, il problema irrisolvibile”, edito con il contributo del Dipartimento di Giurisprudenza dell’università di Bergamo.
Presente, tra gli altri, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che ha puntato il dito su chi “pur potendo” fare qualcosa, ha lasciato la Polizia penitenziaria per anni in una situazione di “depressione, frustrazione”, senza un’adeguata formazione che, invece, deve andare di pari passo con la gestione degli istituti. “E per fare formazione – ha aggiunto – nelle scuole devono parlare persone che hanno lottato sul campo, faticato, altrimenti diventa una passerella”.
Per il procuratore di Catanzaro, per cercare di fronteggiare il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari “i detenuti che sono in carcere, e che hanno commesso il reato a causa della loro tossicodipendenza, dopo una prima valutazione da parte di uno psicologo, devono essere mandati in un centro di recupero per provare a disintossicarli dalla dipendenza della droga”.
Altro fallimento – ha proseguito il magistrato calabrese – sono le Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) “che non esistono, se non sulla carta”, mentre Gratteri confida che con il Pnrr si possano costruire nuove carceri o ampliare quelle esistenti.