“Era sfinita da 17 ore di travaglio, dopo il parto le hanno subito portato il piccolo a letto, in reparto, per l’allattamento e hanno anche preteso che fosse lei a cambiarle il pannolino. Ha chiesto più volte che nostro figlio fosse portato al nido per poter riposare qualche ora, ma il personale dell’ospedale ha sempre detto di no. È crollata, quando ha riaperto gli occhi nostro figlio non c’era più, lo avevano già portato via”. Sono le parole rilasciate al Messaggero del padre 36enne del neonato morto nella notte tra il 7 e l’8 gennaio all’ospedale Pertini di Roma, probabilmente schiacciato dal corpo della madre che lo stava allattando, stremata dalla stanchezza post-parto. Come si ricorderà la tragedia si è verificata nella notte tra il 7 e l’8 gennaio all’ospedale Pertini di Roma, probabilmente schiacciato dal corpo della madre che lo stava allattando, stremata dalla stanchezza post-parto. Una di queste, forse la più grave tra quelle denunciate dall’uomo e dalla compagna 29enne, è che quest’ultima aveva chiesto agli infermieri di portare per qualche ora il figlio al nido in maniera tale da poter riposare, ma nessuno le avrebbe dato ascolto.
Al quotidiano romano il 36enne racconta di essere riuscito a prendere in braccio il figlio solo due volte: “La prima quando è nato, il 5 gennaio – ricorda – poi, solo per un’oretta, il pomeriggio del 7 gennaio. Ero l’uomo più felice del mondo, poi è arrivato l’inferno”. Inferno, come lo chiama il padre, che l’uomo non ha vissuto in prima persona perché non era presente in ospedale. “È stata la mia compagna a chiamarmi al telefono, mi ha detto di correre lì, ma mio figlio non c’era già più“, racconta oggi. I due avevano scelto il Pertini “perché la mia compagna è nata lì e lì voleva partorire. Ma gliel’hanno lasciato accanto ininterrottamente e con le norme Covid nessuno di noi ha potuto starle accanto”.
Il direttore sanitario del Pertini Giuseppe Gambale fa sapere di aver fornito agli inquirenti “tutto ciò che era a nostra disposizione per fare piena luce sull’accaduto“, eppure la denuncia del padre del piccolo, il cui decesso è stato dichiarato alle 1.40 dell’8 gennaio, è pesante. Secondo il 36enne abruzzese il piccolo dal momento della nascita è stato ininterrottamente insieme alla madre.
Ora la coppia aspetta l’esito dell’autopsia e si è affidata ovviamente ad un legale per portare avanti una battaglia che non riguarda solo loro: “La cosa che non ci dà pace è che poteva accadere a chiunque, ed è successo a noi. Nulla ci potrà ridare il nostro bambino, ma non vogliamo che altri genitori vivano il nostro stesso incubo. Non è giusto che le donne siano lasciate sole nei reparti dopo il parto. Se ad altre mamme non è capitato, è solo perché sono state fortunate”.