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martedì, 12 Novembre, 2024
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Ponte Stretto, anche dal ministero di Salvini la conferma: le navi più grandi non riusciranno a passare

Nel 2023 hanno attraversato lo Stretto di Messina cinque navi da crociera e quindici portacontainer di altezza superiore ai sessantacinque metri. Se ci fosse stato il Ponte non avrebbero potuto farlo. I dati arrivano direttamente dal ministero dei Trasporti di Matteo Salvini, grande sponsor della maxi-opera, che per legge non ha potuto ignorare l’istanza di accesso civico del circolo Pd di Villa San Giovanni, richiamando quelli trasmessi direttamente dal Comando generale delle Capitanerie di Porto. E a dispetto della risposta forse volutamente ambigua – si parla di navi, non di transiti, dunque una stessa imbarcazione passata più volte verrebbe contabilizzata sempre come una – non sono altro che una conferma dell’allarme lanciato mesi fa dal presidente di Federlogistica Luigi Merlo, che attraverso Repubblica ha denunciato i rischi che il Ponte potrebbe rappresentare per il futuro del porto di Gioia Tauro.
L’involontaria “confessione” dell’ad Pietro Ciucci
In realtà, lo stesso amministratore delegato della società Stretto di Messina, tentando di smentire Merlo, non aveva fatto altro che confermare i timori di tutta la comunità che vive dello scalo calabrese. Il franco navigabile, cioè lo spazio navigabile in sicurezza – aveva detto l’ad affidandosi a una nota stampa – è “di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario”.
In realtà, c’è un altro dettaglio che nella sua risposta la società ha omesso di considerare. Il mare non è certo piatto, vanno considerati vento e moto ondoso, che nello Stretto – soprattutto in caso di scirocco – provocano onde di diversi metri. Analisi indipendenti attestano possibili oscillazioni anche di cinque/dieci metri.

Porto di Gioia Tauro a rischio
Ma studi di scenario aggiornati al riguardo – è una delle 239 osservazioni messe giù dal ministero dell’Ambiente e a cui la Stretto di Messina dovrà provare a rispondere, senza che i Comuni possano dire alcunché alla luce della mancata sospensione della conferenza dei servizi – non ce ne sono. Tanto meno – è la denuncia che arriva dai territori – è stato ipotizzato l’impatto del Ponte sui volumi di traffico navale attualmente gestiti dagli scali siciliani e calabresi interessati, a partire da Gioia Tauro, al momento porto di transhipment fra i più importanti del Mediterraneo. Su questo starebbe lavorando l’Autorità portuale, che a quanto filtra sarebbe al lavoro su una corposa relazione. E difficilmente sarà positiva. Anche qualora venissero rimossi i fumaioli in prossimità del Ponte – con conseguente aggravio di costi e allungamento dei tempi di navigazione – il problema non si risolverebbe.

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Il trend del gigantismo navale
Più della la metà delle grandi imbarcazioni in costruzione ha un’altezza non compatibile con il Ponte, ma di certo già potrebbe far rotta su Gioia Tauro, che è scalo attrezzato per accogliere navi di oltre 77 metri. Anzi, proprio di recente sono state acquistate e messe in attività diverse gru in grado di spostare container anche dalle navi più alte. Inutili, se davvero la maxiopera voluta dal ministro Matteo Salvini dovesse essere costruita. E per Gioia Tauro e tutto il comprensorio che del porto e del suo indotto vive, sarebbe una condanna. “Non si sta costruendo un Ponte, stanno alzando un Muro sullo Stretto”, denuncia il Pd di Villa San Giovanni. “Non e’ più rinviabile una sospensione di tutto l’iter, occorre bloccare tutto, aprire un tavolo di approfondimento a Roma, con il coinvolgimento del governo, delle commissioni parlamentari competenti, dei presidenti delle Regioni del Sud, degli amministratori dei territori coinvolti, dei corpi intermedi, dei partiti, della società civile”, è la richiesta dei dem della sponda calabrese dello Stretto, che invocano “un ripensamento generale sull’opera, l’applicazione dell’aureo principio di precauzione, una valutazione complessiva, di prospettiva, che solo le istituzioni politiche possono avocare a sé, superando i limiti delle Società committenti e degli appaltatori coinvolti”.

Mobilitazione contro l’emendamento Iezzi
Intanto sul territorio ci si prepara ad una nuova mobilitazione. È in programma per lunedì 24 giugno, quando la Rete No Ponte sarà nuovamente in piazza contro l’emendamento Iezzi al decreto sicurezza. “La legge ad operam” la bollano dalla società civile. Si tratta di un’aggravante speciale al nuovo reato previsto dal ddl, che si propone di punire il “terrorismo della parola” – così viene definito – cioè la detenzione di non meglio precisato materiale informativo su armi e ordigni vari, sulla preparazione di «atti di violenza con finalità di terrorismo» o azioni di sabotaggio. Una definizione estremamente vaga – ha subito denunciato Avs – che rischia di rendere perseguibile persino chi abbia in casa un libro di storia della guerriglia o un volantino. Le pene previste per il nuovo reato sono alte, da 2 a 6 anni. Ma per il leghista Iezzi, se l’obiettivo è «impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica», vanno aumentate ancora, da 4 a 20 anni.
L’articolo 11 della Costituzione, ricorda la rete No Ponte, sancisce che tutti hanno diritto ad esprimere e manifestare il proprio pensiero. “Con il ddl si propongono di attuare una nuova stretta repressiva contro ogni forma di opposizione sociale”, dicono gli attivisti che invitano a un presidio davanti alla Prefettura di Reggio Calabria “per bloccare questo ennesimo attacco alla libertà di espressione”.
(Fonte: Alessia Candito – la Repubblica.it)

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