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giovedì, 21 Novembre, 2024
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Processo a mandanti ed esecutori dell’omicidio Vinci, la straziante deposizione in aula di mamma Rosaria

Catanzaro – A distanza di 12 anni dall’efferato delitto, sembra non trovare pace la famiglia di Matteo Vinci, ucciso quasi tredici anni da a Limbadi, nel Vibonese.
“Ci hanno tormentato fino a ieri. Ma io ci sarò sempre e sarò la voce di Matteo”.
Lo ha detto Rosaria Scarpulla, mamma di Matteo Vinci, il 42enne biologo ucciso con un’autobomba il 9 aprile 2018 a Limbadi.
La donna ha deposto nell’aula della Corte d’assise a Catanzaro rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro Andrea Buzzelli, e dei difensori dei quattro imputati: Domenico Di Grillo, di 72 anni; la moglie, Rosaria Mancuso (64); il genero, Vito Barbara (29) e la figlia Lucia (30).
Rosaria Scarpulla ha raccontato di quelle che ha chiamato spesso le “vessazioni” subite dai Mancuso che, secondo l’accusa, miravano a impossessarsi di terreni della famiglia Vinci: recinzioni buttate giù col trattore, cartucce di fucile e proiettili allineati su un muretto, liquami sversati sul terreno, i cagnolini trovati morti appesi alla porta, le ingiurie.
“Io l’ho sempre affrontata Rosaria Mancuso”, detta ‘Mbrogghia perché figlia di Ciccio Mancuso alias ‘Mbrogghia.
La donna, tra l’altro, ha raccontato dell’aggressione subita dal marito Francesco Vinci subita nel 2017.
“Sul posto trovo mio marito come un fantasma – ha detto – pieno di sangue. ‘Sara mi hanno
aggredito’, mi dice. Nel viaggio in macchina fino al Pronto soccorso di Nicotera ha cominciato a vomitare. Io gli chiedevo chi era stato. Barbara lo aveva colpito col tridente in testa, Domenico Di Grillo lo aveva colpito con un’ascia sul volto. E Rosaria Mancuso incitava: ‘Ammazzatelo’. Mio marito non ha raccontato che lo hanno minacciato con una pistola. Quello lo ha raccontato dopo al medico”.
Il 9 aprile del 2018, ha ricordato Scarpulla, Matteo e il padre erano andati in campagna a portare da mangiare ai gatti.
Quindi la telefonata nel corso della quale, in mezzo al rumore, sente la voce del marito che le dice: “Sara corri, è scoppiata la macchina”.
“Sono uscita di casa – ha detto la donna – lasciando tutto aperto. Sono arrivata a piedi. Cercavo di andare verso la macchina ma i carabinieri mi fermavano, mi dicevano ‘non c’è nessuno nella macchina’”. L’auto è esplosa, ha detto ancora, a poca distanza dalla masseria dei Mancuso.
Dopo la morte di Matteo, Rosaria Scarpulla aveva ricevuto la visita di Silvana Mancuso, nipote di Luigi Mancuso. “Mi disse ‘Io e la mia famiglia ci dissociamo, altrimenti non lo avremmo permesso. Vorrebbe venire una persona a darle le condoglianze.
Lei l’accetta?'”. Si trattava di Luigi Mancuso, il boss al vertice della famiglia di ‘ndrangheta.
Il processo Rinascita-Scott lo indica come al vertice del Crimine nella provincia di Vibo Valentia. La Scarpulla accetta la visita. Il boss le chiede perché non si erano mai rivolti a lui. “Perché
vrei dovuto chiamare te?”, ha detto di avere risposto la donna.
“Gli chiesi ‘Tu quello che hai detto lo puoi dimostrare? Vieni alla fiaccolata per Matteo'”.
E anche oggi, nonostante gli arresti e il clamore mediatico sulla vicenda, Rosaria Scarpulla ha detto che “Rosina Di Grillo ci ha tormentato fino a ieri”.

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