Reggio Calabria – Su richiesta del procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Andrea Sodani, il gip Diletta Gobbo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari per due cugini reggini, Antonio Cotugno e Antonio Carlo Cotugno di 51 e 45 anni, e per una cittadina messicana di 49 anni, Fabiola Veronica Martinez Islas.
Gli arresti sono stati eseguiti dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria che hanno anche sequestrato le quote e il patrimonio aziendale di 3 societĆ operanti a Reggio nel settore della distribuzione e disponibilitĆ economiche e patrimoniali di sei indagati per oltre 5 milioni. I reati contestati sono bancarotta fraudolenta aggravata, estorsione aggravata, omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Le societĆ sequestrate sono la “C.S.S. srl“, la “Distribuzione 2.0 srl” e la “A.S. Trade srl“. Condotta dai finanzieri guidati dal colonnello Maurizio Cintura, dal maggiore Nunzio Difonzo e dal capitano Flavia Ndriollari, l’operazione “Great failure” ha consentito ai pm di accertare che gli arrestati, in concorso con altri soggetti e secondo un modus operandi ben definito, avrebbero omesso sistematicamente di onorare i propri debiti nei confronti dei creditori, dei lavoratori e dell’erario, attraverso societĆ “schermo”.
Le aziende, aventi simile oggetto sociale e facenti capo agli indagati, erano intestate a prestanome, spesso reclutati tra i dipendenti. Per l’accusa, i responsabili, onoravano i debiti solo inizialmente e si tutelavano dalle azioni creditorie attraverso contratti simulati che consentivano di occultare la reale proprietĆ dei beni. Una volta fatte fallire le societĆ , ne costituivano di nuove in continuitĆ con le precedenti. Nelle nuove aziende, che avevano stesso oggetto sociale, stesse sedi e stessi dipendenti, gli indagati facevano confluire le risorse patrimoniali fraudolentemente nascoste con le vecchie societĆ . Inoltre avrebbero costretto i dipendenti a ricevere una retribuzione inferiore rispetto a quella in busta paga dietro implicita minaccia di licenziamento.