Reggio Calabria – 37 condannati e 31 assolti mentre per 13 imputati è stato disposto il non luogo a procedere. Di questi ultimi, due sono deceduti e due sono stati già giudicati per lo stesso reato in altri processi. Per gli altri 9 prosciolti, invece, è intervenuta la prescrizione. E’ questa la sentenza emessa dopo dieci giorni di camera di Consiglio, dalla Corte d’appello di Reggio Calabria al termine del maxi-processo scaturito dall’operazione denominata “Mandamento Jonico”.
La presidente Lucia Monaco ha letto il dispositivo di sentenza in aula bunker nei confronti degli 81 imputati che sono stati giudicati con il rito ordinario. La condanna più pesante, 30 anni di carcere, è stata inflitta a Vincenzo Cordì. Tra gli altri, sono stati giudicati colpevoli anche Santo Palamara (24 anni di reclusione), Leo Zappia (22 anni), Carmine Sergi (19 anni), Nicola Armocida e Antonio Barbaro (entrambi condannati 18 anni).
Complessivamente, la Corte d’Appello ha rideterminato molte pene rispetto al primo grado decidendo anche assoluzioni di imputati che erano stati condannati dal Tribunale di Locri con la sentenza emessa nel giugno 2020, 66 dei 169 imputati.
Il maxi-processo “Mandamento Jonico” è nato da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria sulle cosche della Locride e del basso Ionio reggino. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, detenzione illegale di armi da sparo comuni e da guerra, turbativa d’asta, illecita concorrenza con violenza e minaccia, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e truffa. Tutti reati aggravati dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta. Stando all’impianto accusatorio, l’indagine aveva consentito di ricostruire i riti di affiliazione alle cosche e le varie cariche assegnati ai singoli affiliati. Con la sentenza di oggi, la Corte d’Appello ha emesso la sentenza di secondo grado le cui motivazioni saranno depositate entro novanta giorni. Solo dopo si aprirà l’ultima fase del processo in Cassazione.